Il teatro della fisica: in scena i quanti ed altre storie di scienza, compreso il gatto di Schrödinger
Gabriella Greison al Teatro Cuminetti: la storia di una ventottenne e dei suoi problemi, pretesto per raccontare le basi delle teorie più avanzate sull’universo
TRENTO. Rendere ancora una volta la scienza dell'infinitamente piccolo, la fisica quantistica, accessibile alle persone comuni attraverso le forme del teatro. E’ questo l'obiettivo primo di Gabriella Greison definita anche come la “rockstar della fisica” e “il volto rivoluzionario della scienza in Italia” che sabato 19 marzo sarà al Teatro Cuminetti di Trento con “Ucciderò il gatto di Schrödinger”. Uno spettacolo legato al suo ultimo romanzo, uscito per Mondadori, in cui la Greison interpreta Alice, 28enne in piena crisi esistenziale e in perenne contrasto con se stessa.
Gabriella Greison, quando le è venuta l'intuizione di portare la fisica in teatro?
“L'idea del teatro corrisponde a una mia esigenza di raccontare la fisica sotto forma di storie, cosa che non è mai stata fatta, perché voglio far vedere a tutti quanto è bella. Ho iniziato otto anni fa e porto in giro diversi monologhi a teatro. Il primo è stato un monologo quantistico che ha superato le 500 repliche e continuo ancora a rifarlo. Adesso però ho una nuova avventura insieme a Marco Caronna, è una sfida per me perché per la prima volta non sono più sola sul palco”.
Poi ci ha preso gusto e siamo arrivati a “Ucciderò il gatto di Schrödinger”*: che spettacolo è?
“Ho scritto il libro omonimo durante il primo lockdown. Lo spettacolo racconta gli esperimenti che Schrödinger ha creato perché sono ancora attuali e quello che lui ha fatto ci permette di vivere la seconda rivoluzione quantistica che è quella in cui siamo dentro. E’ una storia di una crescita interiore di una ragazza che è indecisa in ogni cosa che fa e non riesce a fare nessuna scelta. Grazie agli incontri notturni che fa conSchrödinger nel cimitero dove è sepolto riesce a trovare la strada da seguire. La cosa bella è che creo queste storie a pezzi per spiegare la nascita della fisica quantistica che è la mia esigenza primaria".
Quanto è difficile portare il pubblico nel mondo della fisica quantistica?
“Ho un metodo tutto mio di raccontare le storie che creo... lo chiamano metodo Greison. Non è che faccio lezioni o spiego, racconto storie ma essendo fisica riesco a farlo con una base solidissima. Lo faccio con l'intento di far conoscere la fisica. Ad esempio Schrödinger ha avuto una vista che non ha nulla da invidiare a Mick Jagger o Keith Richards perchè è stata una rockstar nel ventesimo secolo. Hanno definito me la rockstar della fisica ma in realtà lo sono loro, quelli che racconto, le vere rockstar”.
Cosa la diverte di più nel rapporto con la platea?
“Lei ha scelto proprio la parola giusta, io mi diverto come una matta. Mi nutro delle facce che vedo che sono stupite e ansiose di sapere come va a finire la storia che ho creato. Una volta un mio monologo è durato tre ore ma io ho proprio questa esigenza di avere questo contatto col pubblico anche perché io li vedo, hanno gli occhi che sembrano le emoticon di un cellulare”.
A teatro propone da tempo anche “Sei donne che hanno cambiato il mondo”.
“In questo monologo ho scelto proprio di descrivere le donne anche nei momenti difficili che hanno vissuto ma che hanno capito come uscirne. Ho voluto qui trasmettere la loro forza e provare a far identificare un po’ le persone con loro con l'obiettivo di far vedere che si può essere così. Ogni giorno possiamo essere una di queste sei a seconda di come ci svegliamo”.
Quali ripercussioni può avere ancora sul nostro futuro la fisica dei quanti?
“C'è quello che racconto nello spettacolo: l'intelligenza artificiale e i super computer quantistici, soprattutto il machine-learning, questo modo di vivere in coesistenza con la nuova tecnologia che straborderà anche da noi ma che negli Stati Uniti si è già imposta soprattutto durante la pandemia. Sempre più macchine ma che permetteranno a noi di evolverci ancora di più e di vivere meglio”.
- Il paradosso del gatto di Schrödinger è un celebre assioma (del 1935) che è fra usato spesso per spiegare le basi della teoria quantistica. La teoria infatti si basa fra l’altro sul presupposto che ogni particella dell’universo possa essere contemporaneamente in due stati diversi. Schrodinger la spiegò con la storia di un gatto, inserito in una scatola con degli isotopi radioattivi mortali, in uno stato di sovrapposizione quantistica, nel quale le condizioni di gatto vivo e morto sono entrambe presenti contemporaneamente; questo come conseguenza dell'essere collegato a un evento subatomico casuale che può verificarsi con una certa probabilità.