Michael Gira e l'inquieto mondo sonoro degli Swans in scena a Trento
L'appuntamento con la band cult statunitense è per questa sera, lunedì 26 febbraio all'Auditorium del centro Santa Chiara. Intervista con il leader del gruppo: "La nostra musica, specie nella dimensione live, è un’esperienza totalizzante e una fervida preghiera sia di conforto che di liberazione"
TRENTO. Era il 1982 quando nella New York attraversata dai fermenti no wave Michael Gira creava gli Swans. Una formazione che ha segnato la storia del rock mescolato con elementi industriali, folk apocalittici e ombre di pura malinconia post punk. Premessa necessaria questa per introdurre il concerto degli Swans attesi lunedì 26 febbraio, ore 21, all’Auditorium di Trento con un live aperto dalla sound artist svedese Maria W Horn, che si lega al loro ultimo, e sedicesimo, lavoro discografico “The Beggar”.
Ne abbiamo parlato con Michael Gira autore di album come “Children of God”, pietra miliare del 1987, “The Burning World”, “White Light from the Mouth of Infinity” e “Love of Life”.
Michael Gira, quale live proporrete in questo tour che approda anche in Italia?
“Circa tre quarti del nostro spettacolo attuale è formato da materiale nuovo che è cresciuto organicamente da canzoni registrate in precedenza e, attraverso improvvisazione e revisione, è diventato qualcosa di nuovo. La nostra scaletta si sta ancora evolvendo. Andremo in studio di registrazione il giorno dopo la fine del tour europeo per registrare questo materiale. È l’inizio di un lungo processo per realizzare un nuovo album degli Swans”.
Ho trovato molto ispirato il vostro ultimo album “The Beggar”: cosa racchiude questo disco che si lega anche al tema della morte?
“Ritengo che la morte sia qualcosa che in certi momenti ha ispirato la scrittura delle canzoni dell’album. Alla mia età sarei una persona vuota se non rappresentasse una preoccupazione. Comunque, trovo che l’amore e il bisogno di intravedere il volto di Dio attraverso la forza della musica siano più convincenti come fonte di ispirazione”.
Al sound degli Swans sono state date molte etichette: da post industrial e dark a gothic rock: quale definizione darebbe al vostro sound?
“La musica degli Swans è sempre stata al di fuori di ogni categoria ed è un’entità unica in evoluzione. Non le do una definizione. In particolare nella dimensione live è un’esperienza totalizzante e una fervida preghiera sia di conforto che di liberazione”.
Ho sempre amato i suoi testi che trovo insieme maledetti e malinconici: quali sono le sue fonti di ispirazione letterarie od artistiche?
“Ultimamente ho letto alcuni libri di Werner Herzog. E’ una continua ispirazione attraverso i suoi film e i suoi scritti ma anche nel modo in cui ha scelto di vivere la sua vita come un atto di immaginazione poetica. Spesso rileggo anche le opere di Jorge Luis Borges”.
Gli Swans hanno le loro radici nella New York segnata dalla no wave: cosa le manca maggiormente di quel periodo?
“Sinceramente non mi manca niente di quel periodo. Era una lotta continua per trovare soldi per il cibo, figuriamoci per la musica. Ma sono contento di quell’esperienza, l’ho potuta metabolizzare e lasciarmela alle spalle”.
Ed oggi come vede la musica della sua terra: c’è chi dice che il rock in tutte le sue forme è morto travolto da rap e cose simili: lei è d’accordo?
“Non penso ai problemi legati alle tendenze o al contesto sociale nella musica. Non mi interessa affatto. Mantengo lo sguardo rivolto in avanti, anche l’album più recente per me fa già parte del passato. Svolgo il mio lavoro nel modo più rigoroso possibile e il resto si sistemerà da solo”.
Quale idea ha della situazione politica del suo Paese: teme un ritorno di Trump?
“Non mi scandalizza la stupidità di noi esseri umani. Trump, ovviamente, è un clown malefico, uno scherzo, ma anche Hitler lo era, finché poi non lo è stato più”.