Spettacoli / Intervista

Carlo Massarini a Trento: così vi raccontiamo la rivoluzione chiamata Beatles

Mercoledì 15 maggio il noto giornalista sarà in scena la sera all'Auditorium, insieme alla band Beatbox, per un viaggio fra musica e parole nella storia dei Fab Four. Nel pomeriggio, in Biblioteca, racconterà invece il suo libro "Vivo dal vivo 2010 - 2023" in cui si narrano per immagini (e non solo) 120 concerti di altrettanti artisti

2023 "Now And Then", arriva l'ultima canzone inedita dei Beatles

di Fabio De Santi

TRENTO. Con il suo carisma e la sua voglia di raccontare il mondo del rock e del pop fra piccolo schermo, radio e giornali ha trasmesso a più di generazioni la sua passione per la musica. Lui è Carlo Massarini, giornalista e critico musicale, atteso mercoledì a Trento per un doppio appuntamento.

Alle 17.30 Massarini presenterà il suo ultimo libro “Vivo dal vivo 2010-2023”, edito da Rizzoli, alla Biblioteca comunale nell’incontro organizzato dal roveretano Marco Deromedis.

In serata, dalle 21 all’Auditorium, insieme ai Beatbox sarà protagonista dello spettacolo “Magical Mystery Story… Now and Then”. Uno show che attraversa i ricordi e le scoperte di diverse generazioni e che punta a riportare l’entusiasmo e la positività dei mitici anni ’60 nel segno dei Fab4.

Carlo Massarini, come descriverebbe lo spettacolo dedicato ai Beatles?

“L’impianto è teatrale perché si compone di quattro quadri più i bis nei quali i Beatbox suonano le varie tappe di evoluzione dei Beatles: si parte con il beat, poi c’è per la prima volta spazio per i due dischi della svolta “Rubber Soul” e “Revolver” dove abbandonano il beat più facile per entrare in una fase di sperimentazione. Vanno in cerca di sonorità nuove e contaminazioni ad esempio con il sitar in “Norwegian wood”, con la musica classica in “Eleonor Rigby” o con una musica molto particolare di “Tomorrow never knows” dove scoprono i nastri che viaggiano al contrario e tutta una serie di effetti che ai tempi era impossibile replicare dal vivo. Invece adesso quello e tutto il periodo di “Sgt. Pepper’s” lo possiamo suonare dal vivo”. I Beatbox sono bravissimi, sono davvero una replica dei Beatles, i suoni sono quelli originali, è una magia risentirli. Sono uguali in tutto il resto: gli strumenti, i costumi, gli abiti, le parrucche”,

In quale modo racconta i Fab4?

“Io sono il narratore, quello che racconta la storia mentre cambiano lo scenario, i set e i costumi. Racconto gli aneddoti, non la biografia, ma contestualizzo, cerco di mettere tutto in prospettiva e di far capire il momento storico nel quale i Beatles agivano e cosa stavano trasformando”.

Qual è l’unicità del quartetto di Liverpool?

“La loro eredità è un po’ ovunque. Loro sono stati un po’ il big bang, quelli che aprono tutte le porte, quelli che indicano la strada in una maniera sonora per l’incredibile lavoro che fanno in studio da un certo momento in poi, anche le mode ma l’altra parte molto importante è la rivoluzione giovanile che loro accendono negli anni Sessanta e che poi diventerà la controcultura”.

In quale modo?

“Fino a quel momento i giovani non avevano avuto nessuna centralità nella cultura contemporanea e men che meno nel mercato, a parte una piccola scossa ai tempi del rock and roll. Invece adesso diventano il centro e il motore dell’innovazione. Il grande segreto sta nella loro visionarietà. Paul McCartney dice che tutti pensavano che i Beatles fossero una “overnight sensation”, che si bruciassero in fretta, senza rendersi conto che si stavano evolvendo e che tutto ciò è avvenuto in un lampo: in soli sette anni hanno fatto più di qualsiasi altro musicista della storia”.

A Trento mercoledì pomeriggio presenterà il suo ultimo libro: perché un volume dedicato ai concerti?

“Ho scelto di fare un album di fotografie dal vivo perché secondo me è il momento della verità per un musicista: se è davvero bravo non solo a fare musica ma ad avere un rapporto con il pubblico, a diventare a modo suo uno sciamano che riesce a trasportare la gente in un’altra dimensione o come dice Vasco Rossi nell’introduzione a prenderli per mano e fargli credere che ogni cosa sia possibile, allora quello è il momento della verità”.

Quanti i live raccontati?

“Ne ho selezionati 120 concerti molto eclettici perché questo è il mio gusto e naturalmente richiede una certa apertura mentale da parte del lettore, la stessa che era richiesta anche per i miei programmi televisivi e radiofonici. Questi concerti sono senza confini e tutti i generi si mischiano. Quello che amavo nel mio primo grande amore i “Traffic” era la contaminazione di generi che ora è diventata una realtà nella musica contemporanea. Certo i mostri sacri, l’età dell’oro è indietro di 20-30-40 anni però la musica continua a evolversi e trovo le evoluzioni musicali a tutti i livelli sempre interessanti perché la musica è qualcosa di molto vivo e il live ancora di più, anzi è una “belva vivente” come dice Anna Calvi nella frase con cui apro il libro e allora vale la pena viverla perché ogni sera è diversa e ogni sera quando si va a un concerto si è pronti a essere sorpresi da qualcosa che non ci si aspettava”.

Difficile da scegliere immagino: ma qua è il live più emozionate che ha vissuto?

“L’ultimo di Peter Gabriel e di Leonard Cohen: ce ne sono mille di emozionanti ma ricordo in particolare quella mattina nella chiesa ad Harlem dove sono andato per seguire una cerimonia di gospel che non avevo mai seguito dall’inizio alla fine, sono tre ore perché è una sorta di messa. C’è un’emozione incredibile perché vedi attorno a te gente che è presa da catarsi mistiche e spirituali. Vedi di tutto: gente che urla, piange e che si batte il petto. Vedi ragazzi giovani, signore con la veletta come nella Harlem degli anni cinquanta. Quella è stata l’emozione più forte perché personalmente è stata un’emozione trascendente”.

Lei mette anche la scaletta di tutti i concerti.

“Un dettaglio in più per rendere il ricordo del concerto più preciso. E’ una cosa presente spesso nelle riviste straniere e nelle fanzine. Vedere quella dell’anno stesso non è significativo ma rivedere quelle di diversi anni prima ti fa rendere conto del periodo storico che stava vivendo l’artista. E’ un piccolo dettaglio ma ho cercato di rendere il prodotto il più ricco possibile”.

E la prefazione di Vasco Rossi?

“Con Vasco ho un rapporto speciale, non siamo amici ma siamo legati da un episodio accaduto nel 1983, quando era vittima di una sorta di caccia alle streghe che lo voleva vedere in carcere perché drogato. Invece noi a Mr. Fantasy trasmettemmo il videoclip di “Vita spericolata” e io lo presentai in maniera molto accorata perché era ed è un grandissimo brano. Secondo me questa cosa gli è rimasta e si vede che per lui la gratitudine è un valore importante perchè quando gli ho mandato una trentina di domande ha risposto con dei vocali molto puntuali sul rapporto con la scrittura, con se stesso, sul suo modo di intendere i live.  Vasco è senza alcun dubbio il più grande performer, la più grande rockstar italiana però è anche uno che è risolto, che non ha bisogno di far nulla se non essere se stesso ed è una persona molto ricca che legge di filosofia, non di calcio e questo si sente anche se non lo racconta nelle canzoni in maniera narrativa come hanno fatto i migliori poeti della nostra generazione come Dalla, De Gregori, De Andrè soprattutto, Fossati. Lui lavora per sintesi: poche parole che però ti fanno entrare nel suo mondo e ti toccano direttamente. Penso che la sua magia sia questa insieme alla sua capacità di far sentire ogni persona tra i settantamila presenti ai suoi concerti come se stesse parlando proprio con lei. E’ un dono che ha e che sa come usare dal vivo”.

Il prossimo libro?

“Il mio editore vorrebbe farmene fare subito un altro ma io credo che dopo tredici anni passati a far fotografie, nove mesi di scrittura e tre passati con le nostre bravissime grafiche a fare un libro molto elegante io credo che per un bel po’ non se ne parli proprio a meno di non voler fare una riedizione ampliata di questo”.

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