L'ideologo della Lega Salvini è il nuovo presidente del Muse: «più rapporti con il territorio»
Stefano Bruno Galli si presenta e lancia il dopo-Zecchi, ma il braccio di ferro con Sgarbi su palazzo delle Albere...
TRENTO. Perenne sorriso stampato sul volto a dimostrazione di una grande giovialità, ma anche franchezza lombarda. Stefano Bruno Galli, nuovo presidente del Muse, il Museo di Scienze, si è presentato ufficialmente, accompagnato dalla vicepresidente della giunta provinciale Francesca Gerosa. Docente universitario di storia delle dottrine politiche, 58 anni, Galli ha illustrato il suo piano (la parola chiave è "territorio") chiarendo però ai giornalisti tre cose che tutti dovranno tenere presente per il futuro: il suo cognome è Galli, Bruno è il nome, aggiunto a "Stefano" per non confondersi con altri.
Seconda cosa: è vero che si è candidato con la Lega in Lombardia, dove è stato anche assessore alla cultura nella legislatura precedente, ma stavolta non ha fatto nemmeno campagna elettorale perché doveva rientrare in università per non dover rifare l'abilitazione come professore di prima fascia, quindi non definitelo un "trombato".
Infine, sottolinea che lui è un trentino-lombardo: la mamma e la sorella vivono ancora a Riva del Garda. E poi sciorina le sue idee: vuole un Muse al servizio del territorio, che riesca a coniugare cultura umanistica e cultura scientifica, con un museo che abbia meno bisogno dei contributi provinciali che nel bilancio pesano al 50% e per farlo vuole aumentare le presenze dei turisti stranieri. E sulle Albere e Sgarbi, seppure con un sorriso, fa capire che il presidente del Mart non farà il conquistatore.
Insomma, idee chiare e nessuna paura a definirsi leghista, ancorché tecnico: «Mi ero avvicinato alla Lega nel 1986, avevo ancora i calzoni corti». Lo ha introdotto l'assessora Francesca Gerosa, che, dopo l'addio di Stefano Zecchi, si è dimostrata quasi entusiasta della scelta di Galli: «Io e Fugatti siamo in sintonia sulla scelta. Galli ha un curriculum di tutto rispetto, in Lombardia da assessore alla cultura si occupava di 604 musei».
Ora si attende la selezione del nuovo direttore che prenderà il posto di Michele Lanzinger e avrà un compito da fare tremare i polsi, visto il lavoro eccezionale svolto in trent'anni. Galli dal canto suo ha sottolineato il suo ruolo da accademico, più che da politico. Ha speso grandi parole per il Muse indicando i binari su cui vuole farlo correre. «Il Muse è unico in Italia e forse anche in Europa, smentisce un assunto che un museo non sia un luogo dove si fa ricerca: ha quaranta ricercatori, è più un istituto di ricerca che un ente museale. E colma il fatto che l'università di Trento non abbia né agraria né geologia, e andrà valorizzato anche con una riorganizzazione editoriale con le sue riviste scientifiche ma anche per la divulgazione e la comunicazione.
Il Muse - ha proseguito dimostrando di avere fatto i compiti - ha 500 mila ingressi, di questi il 7-8 per cento sono stranieri, voglio andare oltre il 10 per cento, con una offerta culturale che sappia coinvolgere gli stranieri. Dobbiamo aumentare la redditività per diminuire le risorse che derivano dalla Provincia». Ha idee chiare sul territorio: «La mia idea di Muse è che è figlio di un territorio. Abbiamo il patrimonio di uno dei fondatori, Gino Tomasi. L'anno venturo sono sessant'anni della sua prima direzione. Io voglio un Muse del territorio, con il territorio, per il territorio. Voglio instaurare collaborazioni feconde con altri istituti museali, come il Mart e San Michele. La collaborazione - spiega - determina innovazione».
Cova un progetto culturale gigantesco: «Ripartiamo dagli istituti culturali per ricostruire comunità disgregate, per ricostruire una socialità che dopo il Covid ha subito un mutamento».
I suoi modelli sono il museo di Berlino e l'Istituto Galileo Ferraris di Torino. E il capitolo Sgarbi? E il palazzo delle Albere? Dice di voler evitare polemiche - Sgarbi è un grande critico, è un amico e via lisciando - ma poi dice, affilato, che è un grande esperto di arte rinascimentale, meno del Novecento e comunque «so che Sgarbi ha mire espansionistiche, ma c'è una convenzione chiara...» Provocazione finale del vostro cronista: da leghista che cosa pensa di Vannacci e del risultato europeo? «Siamo al Muse e non in una caserma...» e già questo basterebbe, ma poi dice di sottoscrivere la dichiarazione di Massimiliano Romeo, capogruppo leghista al Senato, per il quale il sorpasso di Forza Italia «induce a delle riflessioni, da fare attentamente e negli organismi competenti, perché bisogna dare la giusta enfasi alla questione settentrionale». Il leghismo della prima ora fa capolino. Poi, soddisfatto esce a fumare l'ennesima sigaretta, un vizio a cui non vuole rinunciare.