«L'aumento dell'Iva ci taglierà le gambe»
L'aumento dell'iva sarà una mazzata, di cui proprio non si sentiva il bisogno. È una valle di lacrime dolorosa, all'unisono e trasversale, quella che si leva dai rappresentanti trentini delle categorie economiche, nel commentare la decisione del governo - ormai difficilmente revocabile - di portare l'aliquota ordinaria dell'imposta sul valore aggiunto dagli attuali 21 a 22 punti percentuali. Un aumento che è atteso dal prossimo 1° ottobre, portando con sé - spiega l'ufficio studi di Federconsumatori - un esborso complessivo in più di 207 euro all'anno Il fondo del direttore Giovanetti
L'aumento dell'iva sarà una mazzata, di cui proprio non si sentiva il bisogno. È una valle di lacrime dolorosa, all'unisono e trasversale, quella che si leva dai rappresentanti trentini delle categorie economiche, nel commentare la decisione del governo - ormai difficilmente revocabile - di portare l'aliquota ordinaria dell'imposta sul valore aggiunto dagli attuali 21 a 22 punti percentuali.
Un aumento che è atteso dal prossimo 1° ottobre, portando con sé - spiega l'ufficio studi di Federconsumatori - un esborso complessivo in più di 207 euro all'anno. In dettaglio, spiega l'associazione dei consumatori, il salto dal 21 al 22% dell'imposta comporterà maggiori spese, mediamente in Italia (e a Trento i prezzi sono - mediamente - più alti che nel resto del paese, ndr), per 81 euro in più nel settore dell'abbigliamento e 25 euro per le calzature, solo per citare alcune categorie merceologiche.
Una manovra che dovrebbe portare nelle casse dello stato un miliardo di euro soltanto nei tre mesi conclusivi del 2013: soldi di cui Roma ha bisogno come l'aria, evidentemente. Un punto, questo, di cui anche i rappresentanti delle categorie economiche sono consapevoli. «Ma non era questo il modo migliore per trovarli», spiegano.
«MI rendo conto che i conti non tornano, ma questo non è un buon momento per dare la conferma di quanto noi italiani siamo geniali», attacca Massimo Peterlana , responsabile della Fiepet Confesercenti: «Geniali perché andiamo sempre a colpire chi produce, chi dovrebbe permettere all'economia di girare al meglio come i consumatori, e le voci in cui un paese serio dovrebbe sempre investire, come scuola e sanità. So di andare fuori tema, ma a Roma mi dovrebbero spiegare come è concepibile in un paese che vive di turismo andare a tagliare i fondi agli istituti alberghieri. Detto questo e tornando all'iva, è una misura che sottolinea una grave mancanza di lungimiranza da parte della classe politica: si tratta di un aumento che deprimerà un'economia già in condizioni gravissime. Sia in termini oggettivi, con costi maggiori per chi deve pagare, che in termini psicologici: il consumatore medio tenderà a spendere ancor meno di quello che riesce a spendere ora, anche in settori che non saranno toccati dagli aumenti (come ad esempio la ristorazione che ha un regime del 10%, ndr), perché comunque "costa tutto di più"». Prima di andare a toccare i consumi, sarebbe il caso di andare veramente a prendersi i soldi che mancano tagliando dove si può e deve ancora tagliare, altrimenti non si uscirà mai da questa situazione drammatica. Anche perché se un'azienda o un'attività chiude, poi i costi sociali di ammortizzatori e lavoratori disoccupati, sono nuove voci di spesa per i conti pubblici».
Preoccupazione per il prossimo aumento dell'iva anche da parte dei rappresentanti della Gdo, la grande distribuzione organizzata: «Aumenti come quelli dell'iva si fanno sentire sia direttamente, su quei prodotti che hanno l'aliquota effettivamente ritoccata al rialzo, che indirettamente, limitando la capacità di spesa dei consumatori anche in tutti gli altri settori», spiega il direttore di Sait Luigi Pavana : «Si tratterà dunque - prosegue - di una misura che andrà a deprimere l'economia in maniera generalizzata, con conseguenze gravi per tutti».
«In questo paese fanno paura un sacco di cose, l'iva è solo l'ultima in ordine di tempo», spiega laconico Gianni Bort (Unione commercio): « Certo, guardando ai conti pubblici di questa nostra povera Repubblica, l'aumento annunciato - e che solo un miracolo a questo punto potrebbe scongiurare - è inevitabile. Peccato però che si tratti di provvedimenti che appaiono come commedie della politca, senza ragionamenti seri alle spalle. Con venti milioni di occupati su sessanta di abitanti, e quasi quattro nell'ente pubblico, come si può pensare di crescere, di fare pil, considerando che il 50% di questo se lo divora la spesa pubblica? Se poi si affossa l'economia con gli aumenti di iva, figuriamoci dove si può arrivare. È come pensare di fare una corsa campestre senza una gamba. Non con una gamba ingessata, ma proprio con una gamba sola. Il prossimo passo sarà la tosatura dei conti correnti come fece Amato, non mi meraviglierebbe per niente».
«Piove sul bagnato - chiosa Giorgio De Grandi di Trento iniziative, il consorzio che riunisce i commercianti del centro del capoluogo - ed è un aumento che proprio non ci vorrebbe, ora. Siamo già in pessime acque, e questo aumento colpirà sia i consumatori che la nostra categoria, che le merci deve pure acquistarle da qualcuno. Aumenteranno i prezzi d'acquisto e così quelli di vendita. E caleranno le vendite. Gli effetti del salto dal 20 al 21% erano già stati pesanti: chi ha potuto tra i negozianti, ha cercato di assorbire l'aumento senza farlo ricadere sulla clientela, ma ora con un altro aumento sarà dura riuscirci».