Disoccupazione giovanile al 20% in Trentino
Tasso di disoccupazione complessivo al 6%, disoccupazione giovanile al 20% e flusso delle iscrizioni in stato di disoccupazione nel primo semestre del 2013 che non accenna ad arrestarsi. Sono dati contenuti nel 28/o rapporto sull’occupazione in Trentino nel 2013 redatto dall’Agenzia provinciale del lavoro e presentato oggi in una conferenza stampa. L’andamento dell’economia nei primi dati riferiti al 2013 non evidenzia elementi di cambiamento in senso positivo e i segnali di difficoltà si confermano sia nel primo che nel secondo trimestre dell’anno in corso
Tasso di disoccupazione complessivo al 6%, disoccupazione giovanile al 20% e flusso delle iscrizioni in stato di disoccupazione nel primo semestre del 2013 che non accenna ad arrestarsi. Sono dati contenuti nel 28/o rapporto sull’occupazione in Trentino nel 2013 redatto dall’Agenzia provinciale del lavoro e presentato oggi in una conferenza stampa.
L’andamento dell’economia nei primi dati riferiti al 2013 non evidenzia elementi di cambiamento in senso positivo e i segnali di difficoltà si confermano sia nel primo che nel secondo trimestre dell’anno in corso. Le imprese sono calate dello 0,4% e «in termini complessivi - si legge nel rapporto - non si può ignorare come il tasso di disoccupazione abbia raggiunto nel 2012 il valore più elevato (6,1%) dall’inizio della crisi», raddoppiando rispetto a cinque anni prima e aumentando di oltre un punto e mezzo percentuale in un solo anno (dal 2011 al 2012).
Le donne hanno più difficoltà a trovare lavoro anche in conseguenza della maggiore dinamica partecipativa che le contraddistingue rispetto agli uomini: in sostanza malgrado ci sia molta offerta di lavoro femminile la domanda non è sufficiente ad assorbire forza lavoro, tanto che il tasso di disoccupazione è aumentato fino al 6,8%.
Le difficoltà si ripercuotono poi soprattutto sui giovani, che incrementano il tasso di disoccupazione raggiungendo «i nuovi livelli massimi nell’arco di questa crisi», (20,5% per la fascia d’età tra i 15 ed i 24 anni). Una situazione inversa rispetto alla fascia compresa tra i 55 ed i 64 anni, che «confermano una situazione di solidità occupazionale che si rivela superiore anche a quella espressa dalle classi intermedia.
Il settore che si distingue per un’evoluzione particolarmente critica degli indicatori è quello estrattivo, mentre il commercio all’ingrosso è all’altro capo della graduatoria, avendo mostrato - anche se in modo limitato - variazioni positive di fatturato e produzione. Soffrono invece il manifatturiero e l’artigianato e per le costruzioni, già molto colpite da una crisi strutturale, la situazione non accenna a migliorare. In termini numerici, si registra una crescita dei disoccupati, che sono 4.300 in più rispetto alle rilevazioni dell’anno precedente. In conclusione, a quanto si legge nel rapporto: »Sono soprattutto le fasce deboli della popolazione a spingere in alto i livelli di disoccupazione sia complessivi che di lunga durata e una loro contrazione ha ovvie ripercussioni positive sul tasso complessivo«.