Lo spread a 197

Gli italiani fanno ancora fatica a vedere la luce in fondo al tunnel, ma il 2014 preannuncia spiragli di «normalizzazione» con la crisi che allenta la stretta e conti pubblici che fanno meno paura. A certificarlo è la discesa dello spread che torna sotto la soglia psicologica dei 200 punti base per la prima volta da due anni e mezzo. Un risultato «concreto» dice il premier Enrico Letta che ora vede «le condizioni perché il Paese riparta»  

borsaROMA - Gli italiani fanno ancora fatica a vedere la luce in fondo al tunnel, ma il 2014 preannuncia spiragli di «normalizzazione» con la crisi che allenta la stretta e conti pubblici che fanno meno paura. A certificarlo è la discesa dello spread che torna sotto la soglia psicologica dei 200 punti base per la prima volta da due anni e mezzo. Un risultato «concreto» dice il premier Enrico Letta che ora vede «le condizioni perché il Paese riparta». 
 
Finché lo spread «ballava oltre i 500 punti abbiamo pagato miliardi di interessi in più - ha spiegato - ora invece abbiamo risorse disponibili» per il lavoro e imprese. Si avvera così il pronostico del ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni che a ottobre scorso aveva previsto uno spread a «200 punti nel 2014 e a 100 nel 2017» e, tra lo scetticismo generale, lo aveva scritto nero su bianco nel Def.
 
Oggi il ministro evidenzia che si tratta di una opportunità per liberare risorse a sostegno della crescita e «alleggerire il carico fiscale». Il differenziale di rendimento tra il Btp e il Bund tedesco, è sceso fino a 197 punti base, un livello che non si vedeva da inizio luglio del 2011, portando il tasso di interesse al 3,9%: questo significa che ci costerà meno finanziarci sul mercato. Se infatti i tassi restassero su questo livello, l'Italia riuscirebbe a risparmiare oltre 15 miliardi di euro a fronte di interessi passivi sul debito pubblico che si aggirano sugli 80-90 miliardi all'anno.
 
Lo si capisce guardando il Def 2012, che prevedeva per il 2014 una spesa per interessi di 96 miliardi, ora invece stimata in 86 miliardi, e per il 2015 di 105 miliardi, contro gli 88,8 ora indicati dal governo. Mentre nel 2013, stando ai calcoli del ministero dell'Economia, gli interessi passivi sul debito pubblico sono stati pari a 84 miliardi di euro.  Dunque probabilmente le stime del Def 2012 dovranno essere viste ulteriormente al ribasso.
 
In un tweet, il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello scrive che uno spread arrivato sotto quota 200, significa «meno tassi, meno spesa, meno tasse! La stabilità paga (anche in euro!)». Per il vicepremier Angelino Alfano il calo dello spread rappresenta «una tassa occulta in meno per le famiglie e una base per rilanciare l'economia». 
 
Conti alla mano, per Saccomanni il calo dei rendimenti sotto il 4% «si tradurrà in una minore spesa per interessi sul debito pubblico e nella possibilità di avere a disposizione più risorse per investimenti e per alleggerire il carico fiscale. Inoltre  - ha aggiunto il titolare dell'Economia - la riduzione dello spread si rifletterà in migliori condizioni di accesso al credito per imprese e famiglie», rimettendo così in circolo il carburante necessario a ripartire l'economia. 
 
Più mirate le indicazioni del ministro dei Trasporti Maurizio Lupi, secondo cui i risparmi devono servire a ridurre «le tasse che si pagano sul lavoro e aumentare i soldi in busta paga agli operai». 
Certo la prudenza è d'obbligo, e lo stesso Saccomanni avverte che bisogna mantenere «la dovuta cautela suggerita dalla volatilità dei mercati». Sono ancora troppo vicini quei giorni di grande turbolenza e violente impennate di spread e tassi che avevano messo a rischio la sostenibilità del nostro debito pubblico.
 
Tuttavia, come spiegato dal dirigente del Ministero dell'Economia, Maria Cannata, da qui al 2015 «non è facilissimo fare previsioni sulle dinamiche degli interessi perché da un lato è logico attendersi un'ulteriore limatura dello spread, ma è anche vero che se l'economia riparte i tassi generalmente tenderanno a crescere e quindi non credo che ci si possa aspettare che i tassi nel medio periodo possano scendere ancora».

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