Appalti, i giudici descrivono il «sistema Grisenti»
Richieste esplicite ed esplicite adesioni alle proposte collusive. L'impegno a favorire le imprese «amiche» ed a ostacolare le altre con «minacce di guerra». L'accusa di aver ostacolato un ricorso perché sgradito a lui e al «sistema politico e/o economico che egli, grazie al suo passato di politico ed alle sue funzioni di presidente dell'autostrada del Brennero spa era stato chiamato a rappresentare e a garantire». Il «sistema di accordi» targato Silvano Grisenti viene spiegato nelle sedici pagine di sentenza della corte d'appello di Bolzano, presieduta dal giudice Renzo Paolo Pacher
Richieste esplicite ed esplicite adesioni alle proposte collusive. L'impegno a favorire le imprese «amiche» ed a ostacolare le altre con «minacce di guerra». L'accusa di aver ostacolato un ricorso perché sgradito a lui e al «sistema politico e/o economico che egli, grazie al suo passato di politico ed alle sue funzioni di presidente dell'autostrada del Brennero spa era stato chiamato a rappresentare e a garantire». Il «sistema di accordi» targato Silvano Grisenti viene spiegato nelle sedici pagine di sentenza della corte d'appello di Bolzano, presieduta dal giudice Renzo Paolo Pacher.
Corruzione propria, truffa, tentata violenza privata sono i reati per i quali lo scorso 18 marzo Grisenti, ex presidente dell'A22 ed oggi capogruppo in consiglio provinciale di Progetto Trentino, è stato condannato ad un anno. Questa è la risposta alla Cassazione, che aveva annullato le condanne per corruzione propria e tentata concussione decise dalla corte d'appello di Trento, spiegando che la sentenza in quei due aspetti non era stata motivata a sufficienza.
Per la corte d'appello di Bolzano c'è una conversazione che, per quanto riguarda la corruzione, «appare illuminante poiché contiene un'esplicita richiesta da parte dell'imputato nei confronti dell'imprenditore (Fabrizio Collini ndr)»: si tratta di incaricare la società di ingegneria, di cui era contitolare il fratello di Silvano Grisenti, Giuseppe, della progettazione del nuovo ospedale di Trento. Annota la corte: «L'espressione " io l'unica cosa che ti chiedo è veder se c'è spazio per mio fratello... lo studio tecnico del Giuseppe " pare inequivocabilmente una richiesta esplicita e diretta, cui corrisponde un'esplicita adesione da parte del Collini, alla proposta collusiva, atteso che quest'ultimo dichiara subito dopo " se lei me lo chiede...non c'è problema,,,io lo chiamo oggi...gli dico...loro non ritengo che siano già legati... "».
Successivamente, Grisenti e Collini parlano del rifacimento del casello A22 di San Michele, appalto per cui era previsto il massimo ribasso. «La dichiarazione del Collini " io tiro dentro un numero che sia ", significa chiaramente che egli avrebbe fatto un'offerta al massimo ribasso in misura considerevole (come effettivamente avvenuto), in modo da aggiudicarsi senz'altro l'appalto, mentre il Grisenti, con la successiva risposta "tira un numero dopo..." , intendeva chiaramente fargli assicurazione che, una volta aggiudicato l'appalto alla ditta di cui Collini era titolare, egli Grisenti sarebbe intervenuto in sede di esecuzione, ovviamente a rendere redditizia per il Collini l'esecuzione del lavoro».
Questo modo di parlare e di intendere per i giudici altoatesini evidenzia che «tra i due, vi era un accordo di fondo su come venirsi vicendevolmente incontro, il ché costituisce un'ulteriore conferma che vi era un nesso con la richiesta di favorire lo studio ingegneristico, di cui era socio Grisenti Giuseppe, nell'assegnazione della progettazione». Che ci fosse una sorta di «sistema Grisenti» emerge da un'intercettazione riportata tra le motivazioni della sentenza. Si tratta di un colloquio tra due progettisti: «Bisogna stare attenti, io mi rendo conto che c'è... c'è una specie, una sorta di cupola, c'è un sistema rispetto al quale non possiamo sgarrare...perché qui ci tagliano le unghie delle mani».
Tornando all'appalto per il casello A22 di San Michele, Grisenti «approfittando dei propri poteri di Presidente dell'A22» avrebbe dato istruzioni al proprio dipendente di «modificare opportunamente l'esecuzione dei lavori in corso d'opera per adeguarli alle esigenze del Collini, riservando quindi a quest'ultimo un trattamento privilegiato».
C'è poi il capitolo della tentata violenza privata, con l'intercettazione in cui Grisenti suggerisce a Giorgio Benedetti, dirigente del CCC, il Consorzio Cooperative Costruzioni, di non presentare ricorso al Tar per l'annullamento di una delibera dei lavori alla Cispadana. Delibera, però, favorevole all'Ati e quindi alla compartecipe Autostrada del Brennero, di cui Grisenti era presidente. Il colloquio era stato intercettato. I giudici rilevano che «nonostante l'apparente pacatezza delle argomentazioni addotte dal Grisenti, emerge chiaramente che quest'ultimo minaccia al Benedetti tutte le possibili ritorsioni (...) precisando che tali ritorsioni non sarebbero derivate solo dall'A22, ma da tutto quello che egli Grisenti rappresenta nel "sistema Trentino"».
Grisenti avrebbe perseguito il proprio interesse privato nel mantenere l'impegno assunto, quando divenne presidente dell'A22. Che tipo di impegno lo evidenziano i giudici dell'appello spiegando che si trattava «di favorire le imprese "amiche" e di estromettere e/o ostacolare le altre, con la conseguenza che le cosiddette "minacce di guerra" da parte sua nei confronti di queste ultime imprese e, in particolare, del CCC (...) devono essere senz'altro considerate come "minaccia" volta a costringere proprio il CCC a rinunciare al ricorso al Tar».