Famiglie coop, spesa più magra del 4%

I consumi non ripartono e la gente comincia a ridurre anche la spesa alimentare. Così, complice anche il maltempo che ha tenuto lontano i turisti, i conti delle 76 Famiglie cooperative nei primi sei mesi dell'anno fanno segnare un calo del 4% (da 225 a 216 milioni). A fine 2013 le Famiglie con i conti in rosso erano 18, un quarto del totale, oggi la situazione non è destinata a migliorare. E la Cooperazione chiede più contributi provincialiI tuoi commenti

di Francesco Terreri

CooperativaTRENTO - I consumi non ripartono, almeno nel primo semestre di quest'anno. Il fatturato semestrale delle 76 Famiglie cooperative - il corrispettivo al lordo dell'Iva - è pari a 216 milioni di euro, il 4% in meno dei 225 milioni dell'analogo periodo del 2013. Un contributo alla contrazione l'ha dato anche il meteo, col maltempo che ha tenuto lontani molti turisti. Ma il calo dipende soprattutto dalla riduzione della spesa alimentare delle famiglie, con scontrini sempre più magri e grande attenzione alle offerte.
Il calo dei consumi è diffuso tra i supermercati e nel settore commerciale, né si vedono ancora gli effetti degli 80 euro del governo Renzi, che sono andati in busta paga per la prima volta con gli stipendi di maggio. Ma i negozi cooperativi hanno un problema in più: come sostenere i tanti piccoli punti vendita che sono un servizio sociale prima che un affare economico. Dei 368 supermercati delle Famiglie, 204 sono gli unici negozi del paese. Ma in Federazione sono preoccupati: la Provincia è piena di apprezzamenti per questa realtà ma il sostegno finanziario langue.
«Il calo dei consumi lo vediamo anche nella flessione dello scontrino medio - spiega  Giuseppe Fedrizzi , responsabile consumo della Federazione delle coop - C'è un'attenzione quasi maniacale alle spese, è la spending review dei consumatori. Del resto, il reddito disponibile per gli alimentari è il 15% del totale e se aumentano tasse, bollette e mutui è qui che si taglia».
La tendenza al risparmio si manifesta anche nella scelta dei prodotti: «Carne bianca invece che rossa, si compra più pasta e, in generale, prodotti che costano meno». E aumenta la quota dei prodotti in promozione. «In alcune cooperative si arriva al 25% del totale - precisa Fedrizzi - in altre al 30%». Poi, nonostante il calo delle vendite sia diffuso anche tra gli altri operatori, la cooperazione di consumo sente la crescita della concorrenza.
In questo quadro la marginalità delle Famiglie coop scende ancora di qualche decimale di punto percentuale. «Il calo del fatturato vanifica i risultati ottenuti sul fronte del contenimento dei costi». Non solo sulle spese generali ma anche sul costo del personale - 1.500 gli addetti che salgono a 1.700 con gli stagionali - come ha mostrato il recente confronto con i sindacati sul contratto integrativo. «Non tocchiamo l'occupazione e gli stipendi - afferma Fedrizzi - ma razionalizziamo voci come le ferie e i permessi».
Alla fine le Famiglie coop con squilibri nei conti si avvicinano ad un quarto del totale. Le coop in rosso nel 2013 erano 18 su 76, ma qualcun'altra aveva ottenuto risultati positivi solo grazie a ricavi straordinari.
Le risposte in campo sono di due tipi: aggregazioni tra Famiglie cooperative per renderle più forti e maggiori aiuti pubblici. «Sulle fusioni continuiamo a seminare - dice Fedrizzi - in qualche situazione siamo all'ultimo chilometro». I percorsi avviati sono 7 e in qualche caso coinvolgono più di due coop, per un totale vicino a 20.
Sul sostegno pubblico, il quadro è più complicato. «Sulla rete minuta facciamo fatica, dobbiamo capire se questo modello, che evita la desertificazione della montagna, viene riconosciuto dagli amministratori - sottolinea Fedrizzi - Da parte della Provincia c'è il riconoscimento della valenza sociale ma difficoltà di liquidità». Nel 2013 i contributi per i piccoli negozi di paese ammontavano a 1,7 milioni, di cui 990 mila euro a 125 domande delle Famiglie coop e 741 mila euro a 56 domande dei privati. «Non bastano, diverse domande sono rimaste fuori. Serve qualche centinaio di migliaia di euro in più».

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