La Vis sull'orlo del commissariamento
La coop vitivinicola La Vis è sull'orlo di un nuovo commissariamento. È questo infatti l'esito più probabile delle convulse consultazioni di questi giorni tra la Provincia, le banche creditrici, la Federazione della Cooperazione. Un dato su tutti: il blocco della liquidità da parte delle banche ha portato ad accumularsi circa 30 milioni di euro di pagamenti insoluti, tra i quali parte delle somme da restituire ai viticoltori e delle remunerazioni dei dipendenti.
Le opzioni sul tappeto sono tuttora più di una. Se le banche dicessero sì almeno all'accordo ponte sulla liquidità, ci si potrebbe limitare all'affiancamento, cioè a nominare un «aiutante» dell'attuale cda, proposta che però la Provincia respinse un anno fa, quando le condizioni erano meno gravi. Se le banche, come appare più probabile rispetto a qualche settimana fa, bocciassero invece il piano di risanamento, il commissariamento diverrebbe inevitabile, anche se la decisione resterebbe in mano a Piazza Dante.
Ma quel che è peggio, se non succede niente e la situazione finanziaria si deteriora ulteriormente, la prospettiva diventa quella della liquidazione coatta amministrativa, un disastro per 1.200 soci viticoltori e 200 dipendenti. L'ultimo tassello del quadro è la revisione biennale della Federazione sulla cantina e il gruppo La Vis, che è stata consegnata non solo alla coop lavisana ma anche all'autorità di vigilanza sulle cooperative, cioè alla Provincia. A Piazza Dante le irregolarità non gravi vengono semplicemente segnalate, mentre se si tratta di irregolarità gravi viene trasmesso l'intero rapporto perché vengano presi i provvedimenti del caso. Quindi in questo caso nella relazione devono essere state segnalate gravi irregolarità di gestione.
Quello che emerge dagli stessi bilanci depositati dalla cantina, dalle valutazioni della Vigilanza coop, che probabilmente sono state replicate nella relazione biennale, e dagli ultimi sviluppi sul fronte della liquidità è che i pagamenti arretrati sono arrivati vicino ai 30 milioni, nei conti si moltiplicano le evidenze di operazioni dubbie, un'intera società controllata, la Cesarini Sforza Spumanti, è in pegno alla società veneta Tommasi Viticoltori. I debiti finanziari complessivi del gruppo La Vis al 30 giugno 2014 ammontano a circa 64 milioni, di cui 50,6 milioni con le banche, 7,3 milioni con l' Isa (debito residuo dopo la cessione di Basilica Cafaggio ) e 6,1 milioni con i soci per finanziamenti. La cifra è in calo dai 78,5 milioni dell'anno precedente.
Ma ora il grosso dei debiti, 48 milioni, è a breve termine, entro 12 mesi, contro i 42,6 milioni dell'anno prima, mentre solo 16 milioni sono a medio-lungo termine, contro i 36 dell'esercizio precedente. Da qui parte la difficoltà a far fronte alle obbligazioni a breve termine. A fronte dei debiti, il patrimonio netto di gruppo è pari a 5,1 milioni e scende a 3,9 milioni senza la quota di pertinenza di terzi. Ma in base ai rilievi della Vigilanza coop, contestati da La Vis, il patrimonio netto scenderebbe a 1,8 milioni. A fronte, tra l'altro, di 3,5 milioni di finanziamenti da soci sovventori, che andrebbero restituiti dopo il periodo prefissato. Ai sovventori, tra l'altro, sono stati pagati dividendi contro le norme vigenti per cooperative in perdita, come era La Vis nell'esercizio 2012-2013. Questo era uno degli elementi della richiesta di affiancamento fatta dalla Federazione un anno fa e respinta dalla Provincia.
Ma nei conti delle controllate c'è più di un'operazione dubbia. Come quelle sui marchi che riguardano Casa Girelli : non solo la plusvalenza ottenuta comprando e vendendo marchi all'interno del gruppo ( l'Adige del 4 marzo), ma anche l'assegnazione a Casa Girelli da parte della capogruppo La Vis di 2,3 milioni di diritti di utilizzo dei marchi in Gran Bretagna, che sarebbero stati riacquistati dai partner spagnoli di United Wineries International. Solo che il contratto del 2009 con Uwi era nullo per problemi di legislazione svizzera e quindi quei diritti erano sempre rimasti in mano a La Vis. Cesarini Sforza Spumanti invece ha un'altro problema. La fideiussione che garantisce il riacquisto della quota del 2% di Dario Tommasi, della veneta Tommasi Viticoltori , è pari a 2 milioni, più cioè di tutto il capitale sociale dell'azienda, che ammonta a 1,5 milioni, e del suo patrimonio netto, pari nell'ultimo bilancio a 1,9 milioni. In pratica Cesarini Sforza è in pegno al partner veneto.