Porfido, per la Cgil l'Authority non basta
Non basta un'«Authority» provinciale per tirare fuori dalle secche di una crisi infinita il settore del porfido. Non basta, perché ci vuole oggi il coraggio di operare ben più in profondità. Lo dice Maurizio Zabbeni , segretario generale di Fillea-Cgil del Trentino. Zabbeni plaude all'iniziativa del Comune di Lona Lases che ha ordinato la sospensione dell'attività di cava di una ditta che, non rispettando il disciplinare di concessione, non ha pagato gli stipendi ai lavoratori. «Noi e la Cisl» dice il sindacalista «con i nostri delegati in zona facciamo il possibile per tutelare i lavoratori. E mi auguro che altri Comuni seguano l'esempio di Lona Lases. Ha fatto benissimo ad intervenire e a porre la questione delle legalità e della trasparenza nel settore.
È quello che personalmente chiedo da anni. Il settore, però, non può più essere lasciato nella mani dei Comuni, dove pesano i conflitti di interesse, le paure a prendersi responsabilità nelle decisioni. Basta vedere cos'è successo ad Albiano, quante delibere hanno dovuto assumere per applicare l'articolo 33 sulla proroga delle concessioni». È a partire da queste considerazioni che Zabbeni annuncia una iniziativa inedita. «Come Cgil» anticipa «ci siamo rivolti ad un costituzionalista, Paolo Maddalena (già giudice della Corte Costituzionale, ndr), per elaborare una proposta di legge che porti ad una riforma radicale del settore, a partire dal concetto che i lotti di coltivazione sono pubblici, un bene comune la cui gestione, affidata ai privati attraverso i Comuni, ha portato alla situazione disastrosa attuale».
Una proposta diversa, quindi, dall'«Authority» progettata dall'assessore all'industria Alessandro Olivi, cui delegare funzioni di controllo, regia e coordinamento sovraccomunale? «Sì. Olivi ha preso atto che l'autoriforma del settore non è possibile. E ha ragione: da qui nasce l'idea dell'"Authority". Ma secondo il punto di vista della Cgil, non è sufficiente. A Olivi lo abbiamo detto. Serve, oggi, il coraggio di azzerare tutto, prendere atto che il distretto non ha funzionato e che si sono persi anni in chiacchiere».
Azzerare? Cosa significa?
«Vuol dire partire dal concetto di suolo pubblico, per cui bisogna togliere al privato l'attività di escavazione, per affidarla ad un consorzio pubblico, che poi affida al mercato, quindi alle imprese del settore, le attività di trasformazione. Questo è il nodo vero: una gestione pubblica delle cave. Se non lo si affronta, resteremo sempre vittime del magma dei conflitti di interesse nei Comuni, quello delle regole fissate da chi ne usufruisce, e nel rimpallo delle responsabilità. Per cui, ad esempio, si rinfaccia al sindacato di essere "latitante" e di non tutelare abbastanza i lavoratori».
A questo proposito, Zabbeni fa sapere di avere subito preso contatti con il Coordinamento lavoro porfido, che da mesi denuncia situazioni di caporalato e lavoro nero tra le cave. «Pronti a collaborare con il Coordinamento, comune per comune» dice il sindacalista «mettendo a disposizione la forza istituzionale della Cgil».