Sostegno alle startup: “L’Italia trovi un suo modello”
“Altro che quattro ragazzi in un garage – ha detto Marco Gay, presidente Giovani Imprenditori di Confindustria e vicepresidente Digital Magics - in Italia abbiamo 5.300 startup innovative con 23 mila addetti”. Un patrimonio che merita di essere valorizzato quale volano della crescita economica e dell’innovazione. “In Italia ci sono 4 mila miliardi di euro di risparmio privato, riuscissimo a trasferire anche l’1% di queste somme in innovazione ed economia reale, unendo i diversi puntini sparsi sul territorio e scatenando un po’ di questa finanza, potremmo veramente diventare la culla dell’innovazione in Europa”, ha sottolineato Gay.
“Proteggiamo il made in Italy ma non il research in Italy – ha rilanciato Giampio Bracchi, presidente di Polihub e della Fondazione Politecnico di Milano – e questo frena il potenziale della ricerca che si fa a livello diffuso nelle università italiane. Ma le università devono capire che gli uffici brevetti e gli incubatori vanno gestiti con criteri di mercato, spogliandosi del desiderio di ciascun ateneo di possedere tali strutture e liberandole dal fiato sul collo delle gerarchie accademiche”.
“Nel 2012 l’Italia – ha ricordato Luigi Capello, amministratore delegato L Venture Capital – è stato il primo paese ha darsi una legislazione sul private equity eppure un modello troppo ingessato ha fatto partire meno di 10 operazioni. Dobbiamo dotarci di strumenti veloci, perché la rapidità fa la differenza nel successo di una startup sul mercato”.
Fatta la diagnosi, sulla terapia si è registrata una sostanziale convergenza di vedute tra Innocenzo Cipolletta, presidente del Fondo Italiano d’Investimento SGR e presidente dell'Università degli Studi di Trento ed Anna Gervasoni, direttore generale di AIFI (l’Associazione italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt) e docente all’Università Cattaneo. “E’ ora che l’Italia trovi un suo modello di sostegno alle startup, che metta a fattor comune le esperienze e le eccellenze già espresse del territorio, riuscendo così a portare a terra, trasformandolo in business, in iniziative economiche, in economia reale, il grande potenziale di innovazione insito nelle università e nei centri di ricerca del nostro Paese”.