Il peso del debito sui cittadini italiani è cresciuto in 20 anni di 14.362 euro, arrivando alla fine del 2016 a toccare la mostruosa cifra di 36.670 euro pro-capite. A calcolarlo ci ha pensato uno studio dell’Adusbef che ha elaborato in modo originale i dati del debito pubblico italiano diffusi dalla Banca d’Italia.

Lo studio, in particolare, stila anche una classifica dell’aumento del debito pubblico italiano confrontando la crescita registrata nei diversi governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni.
Emerge dalle tabelle dell’Adusbef che il tasso di crescita è stato più alto durante il governo Monti, che ha visto lievitare il debito di addirittura 7,5 miliardi al mese, praticamente il doppio di quando è accaduto con i governi Renzi (+3,7 miliardi al mese), Berlusconi 1 (+3,8 miliardi al mese) e Prodi (+3,9 miliardi). In questa speciale classifica, dopo Monti, appaiono invece i governi Letta (+6,5 miliardi) e «Berlusconi 2» (+6,2 miliardi).

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La crescita del debito pubblico, nello studio dei consumatori, viene indicata sia in valore assoluto, sia in rapporto alla popolazione. Il trend è comunque crescente. Se si guarda il debito procapite, infatti, si passa dai 22.308 euro alla fine del governo targato centro sinistra (durato dal 1996 al 2001) per arrivare ai 26.181 euro alla fine del primo governo Berlusconi nel 2006. Nei 24 mesi di durata del governo di Romano Prodi il debito «a testa» è invece salito fino a 28.008 euro per poi proseguire in progressione con Berlusconi (32.154 procapite a fine ottobre 2011).

I governi successivi non sono comunque riusciti a mettere un argine alla crescita che, calcolata sui singoli cittadini, è passata da 34.250 euro di fine governo Monti a 35.354 euro lasciato in eredita da Letta al governo presieduto da Matteo Renzi che ha chiuso la serie con un debito a testa a quota 36.670 euro.

Lo studio analizza anche la quota di debito pubblico in mani estere e mette in risalto che durante il governo di Matteo Renzi, tra il febbraio 2014 e l’ottobre 2016, è diminuito l’ammontare detenuto dai non residenti (passato dal 33,2 per cento al 32,8%), ma contemporaneamente è salita la quota di titoli del debito pubblico - in pratica titoli di Stato - in mani estere: alla fine di ottobre 2016, su un totale di 1.881 miliardi ce n’erano 689, pari al 41%, in mano ai non residenti nel nostro Paese.