Sait, quaranta lavoratori in cassa dal 3 aprile
Lunedì 3 aprile parte la cassa integrazione straordinaria in Sait, che dovrebbe portare nel giro di un anno alla riduzione di circa 130 unità, 127 per la precisione, del personale della sede centrale di via Innsbruck. Il primo contingente a fermarsi dovrebbe essere di 40 persone.
L’accordo sulla cassa è stato siglato ieri, dopo una lunga e, dicono i protagonisti, «estenuante» riunione al Servizio lavoro della Provincia, dalla Rappresentanza sindacale aziendale (Rsa), dai sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil, dal Sait, dalla Federazione Trentina della Cooperazione e dai consulenti dello Studio Elco. I sindacati hanno strappato impegni per attenuare l’impatto del dimagrimento del consorzio. Ma per i vertici Sait il numero degli esuberi necessari per rimettere in sesto l’azienda rimane vicino a 130.
Il numero è sceso a 127 solo perché nel frattempo qualcuno è andato via. L’accordo di ieri prevede la cassa integrazione straordinaria per crisi per dodici mesi, cioè dal 3 aprile 2017 al 2 aprile 2018, per i 390 dipendenti della sede all’interporto, che comprende uffici e magazzini del consorzio della cooperazione di consumo. Il percorso è quello già delineato negli scorsi incontri. Il primo scaglione, fra 30 e 40 persone, va in cassa nella prima settimana di aprile. Seguiranno altri gruppi fino a raggiungere quota 127 nel trimestre, cioè entro giugno.
Niente cassa a rotazione, che la Filcams Cgil ha continuato a chiedere soprattutto per il magazzino, arrivando ad un passo dal non firmare l’accordo. Questo significa che chi va in cassa il 3 aprile poi non rientra più? «Non necessariamente - spiega Lamberto Avanzo della Fisascat Cisl - Abbiamo una serie di accordi da sottoscrivere, per i quali ci vedremo la prossima settimana, in cui abbiamo strappato impegni a Sait. Con urgenza va firmato quello sul trattamento di fine rapporto (Tfr). Chi avesse disponibilità, avrà la possibilità di integrare i 900 euro mensili della cassa integrazione con un anticipo di Tfr che consenta di mantenere lo stesso livello salariale precedente».
L’accordo prevede poi il licenziamento collettivo su base individuale «non oppositivo»: chi decide di uscire avrà un incentivo, il cui ammontare è da definire. «Una ventina di persone - prosegue Avanzo - potranno raggiungere i requisiti pensionistici tra l’anno di cassa integrazione e i due anni di Naspi, l’ex mobilità».
«Altri impegni sono sulla legge 160, quella che prevede il distacco sull’esterno cioè la possibilità per il cassintegrato di essere chiamato a tempo determinato in un’altra azienda per poi rientrare in cassa, e sulla ricollocazione interna, anch’essa provvisoria. Poi c’è la formazione con l’Agenzia del Lavoro, in base all’accordo del 2011 tra sindacati e Federazione sull’impegno a valutare la ricollocazione del personale in caso di crisi di un settore».
Nel complesso, sostiene Avanzo, i sindacati hanno rispettato il mandato delle assemblee, compresa quella di ieri mattina di Fisascat e Uiltucs (la Filcams l’aveva fatta venerdì). «A conti fatti - conclude Avanzo - abbiamo dodici mesi all’interno dei quali verificare il piano di rilancio dell’azienda. In questo periodo il numero finale di licenziati può ancora cambiare».
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