La povertà indebita i trentini: mutui e prestiti non pagati superano il miliardo di euro
A famiglie e piccole imprese trentine arriva il conto della crisi. L’anno scorso in regione le rate di prestiti e mutui, le bollette e altri debiti non pagati e affidati per il recupero a società specializzate sono più che raddoppiati, passando dai 470 milioni di euro del 2017 a 1 miliardo 86 milioni di euro. Il numero di pratiche affidate alle società di recupero fa un balzo del 58%, salendo da 234 mila a 370 mila. Questo non significa che un terzo della popolazione del Trentino Alto Adige è inseguita dai creditori perché spesso ci sono più pratiche per uno stesso soggetto. Si tratta comunque di decine di migliaia di famiglie, titolari di imprese familiari, aziende che non hanno onorato pagamenti di rate di debito o di bollette dell’elettricità, del gas, del telefono. In media siamo a 2.935 euro a pratica, contro le 2.008 del 2017, un dato nettamente superiore alla media nazionale.
Il boom del recupero crediti è descritto nell’ultimo rapporto di Unirec, l’associazione delle società del settore. A fine 2018 le aziende associate Unirec avevano in gestione a livello nazionale crediti affidati per il recupero per un valore di 82,3 miliardi (+15,2%), spalmati su 38,7 milioni di posizioni, per una cifra media di 2.126 euro. Di questo valore complessivo, sono stati recuperati crediti per 7,8 miliardi, poco meno del 10%, relativi a 12,4 milioni di posizioni, con un ritmo di crescita del 5% rispetto all’anno prima, molto inferiore all’aumento dei debiti affidati. Colpa del balzo degli importi da recuperare e della stessa difficoltà di recupero è degli Npl, i non performing loans o crediti deteriorati, che le banche hanno ceduto a man bassa a fondi speculativi e società specializzate per liberare il proprio bilancio e presentarsi meglio agli esami della Banca d’Italia e della Bce.
Il 2018 infatti è stato un anno record per il volume delle cessioni di crediti di origine bancaria e finanziaria, con un controvalore di 70 miliardi. Quest’anno sono stimate cessioni per altri 50 miliardi. In regione abbiamo visto le consistenti cessioni di crediti in sofferenza operate da Cassa Centrale Banca per conto di Casse Rurali e Bcc trentine e di tutta Italia e le operazioni effettuate, talvolta insieme alla stessa Ccb, dalla Cassa di Risparmio di Bolzano e da Volksbank. Ma anche alcune cessioni di grandi gruppi nazionali come Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno riguardato il Trentino (l’Adige del 13 marzo).
In regione i tassi di recupero crediti erano tradizionalmente superiori a quelli nazionali. Nel 2016 su 416 milioni di importi affidati alle società specializzate per 209 mila posizioni, sono stati recuperati 67 milioni in 74 mila pratiche, il 16%. Una quota analoga nel 2017, quando il recupero ammonta a 78 milioni su 470 e a 86 mila pratiche su 234 mila. L’anno scorso invece il tasso di recupero si ferma al 7%: 77 milioni in 112 mila pratiche su un totale di 1.086 milioni spalmati su 370 mila posizioni. In media vengono recuperate le cifre più piccole, inferiori ai 1.000 euro.
Il rapporto Unirec analizza il recupero crediti per aree di committenza, quando cioè il mandante è il detentore originario del credito (società telefonica, utility, banca), quando è un soggetto terzo che ha acquisito il credito da altri, ad esempio un fondo dalle banche, e quando il recupero è in conto proprio, cioè la società specializzata ha il credito nel proprio portafoglio. Il recupero per conto del creditore originario vede prevalere le rate non pagate di credito al consumo seguite dalle bollette. Se il creditore è chi ha comprato il debito in sofferenza, invece, prevalgono nettamente i crediti bancari e finanziari. Se si guarda poi alle modalità di recupero, calano i risultati dell’attività svolta attraverso il telefono e la visita a casa, mentre cresce il peso delle procedure legali e delle aste giudiziarie.