Valeria Ghezzi, la numero uno degli impiantisti
Valeria Ghezzi è la signora delle nevi. Nata a Milano nel 1963, da trent’anni è l’anima di Funivie Seggiovie San Martino S.p.a., la società che gestisce gli impianti sciistici della Tognola a San Martino di Castrozza, di cui Valeria è amministratrice delegata. Le sue abilità e la sua grande conoscenza del “settore neve” le sono valse la presidenza dell’Anef (Associazione nazionale esercenti funiviari): eletta la prima volta nel 2014, e stata poi riconfermata due anni fa, dopo che dal 2009 al 2013 era stata a capo della stessa associazione a livello provinciale. Se ci aggiungiamo anche l’hotel che gestisce a Milano assieme alla sua famiglia, il biglietto da visita di Valeria Ghezzi è presto fatto.
«Con caparbietà e testardaggine ho raggiunto il vertice. Ho avuto le spalle coperte, non lo nego, ma alla fine ce l’ho dovuta fare da sola per emergere dalle difficoltà, tirando fuori tutto il mio carattere e lo spirito da battagliera che mantengo anche adesso». E se lo dice la signora delle nevi, non resta che credergli.
Da dov’è nata la rincorsa verso gli importanti ruoli che ricopre oggi nella tua vita?
Io sono originaria di Milano, ma la mia famiglia ha cominciato a lavorare a San Martino di Castrozza già da prima che io nascessi. Era il 1956 quando mio nonno Walter, appassionato di montagna e di sci, acquistò la Seggiovia del Sole che in due tronchi collegava San Martino a Passo Rolle. Nel 1959 costruì la prima telecabina in Tognola, dove oggi si trova la stazione sciistica che io gestisco.
Eppure i suoi inizi facevano prospettare un tipo di carriera completamente diverso.
Fino ai 25 anni sciare era per me solo un divertimento. A 18 anni me ne sono andata in Svizzera, a Ginevra, per studiare all’università. È stata una grande esperienza, tornassi indietro la ripeterei tante altre volte. Sono riuscita a cavarmela da sola, lontano dalla mia famiglia. Ho ottenuto una laurea come interprete di conferenze e una in scienze politiche, pensavo a una carriera in giro per il mondo e alla fine mi sono fermata a San Martino. Ho studiato cose che niente hanno a che fare con quello che faccio ora di lavoro, ma nella vita non sai mai dove andrai a finire. Lo studio serve prima di tutto a formarti e ad aprirti la mente.
Come è arrivata a gestire la ski area della Tognola?
Sono giunta a San Martino di Castrozza nel 1989, all’età di 25 anni. Ero all’ultimo anno di università, mio papà aveva avuto dei gravi problemi di salute. In casa Ghezzi non c’era nessun maschio che potesse gestire gli affari, così la scelta è toccata su di me, la prima delle sorelle. Se avessi avuto dei fratelli non avrei mai avuto l’opportunità di gestire la Tognola.
Durante il suo percorso pensa di avere avuto qualche angelo custode?
Quando ho cominciato a lavorare ho avuto la fortuna di conoscere l’allora caposervizio della Tognola Bruno Zortea, che considero il mio maestro. Lo seguivo nei suoi affari, cercavo di imparare da lui i segreti del mestiere. Ho avuto la grandissima fortuna di avere accanto delle persone che mi hanno insegnato tante cose sugli impianti a fune, poi la parte riguardante i bilanci societari me la sono studiata da sola. Per questo ho sempre voluto lavorare in squadra: insieme si ottiene molto di più rispetto a quello che ottieni da sola.
Che difficoltà può incontrare una donna per arrivare ad occupare un posto di rilievo?
Onestamente non ci ho mai pensato, quando ho iniziato a lavorare lo ho fatto nel modo più normale possibile, pensando che fosse una cosa logica che anche una donna potesse avere un certo ruolo importante. Nessuno mi hai mai fatto pesare il fatto di essere una donna ma, certo, uno stesso errore commesso da una donna viene perdonato molto di meno rispetto a uno commesso da un uomo. Poi, che tu lavori o meno, ci sono sempre dei carichi familiari maggiori da sorbire, oltre che aspettative più pesanti.
Ha avuto difficoltà nel rapportarsi agli altri per la sua condizione di donna?
Nell’ambito degli impianti a fune non ho trovato alcun contrasto, cosa che invece ho trovato in certe figure della valle di Primiero, di cui non farò il nome. Ho fatto finta di niente e le cose si sono poi risolte. Mi sono sentita dire: «Prima o poi farai anche tu dei figli e resterai a vivere a Milano». Dopo trent’anni io sono ancora qui sulle mie amate piste da sci.
Secondo lei in Trentino la condizione femminile, in merito al rapporto tra donne e potere, è diversa rispetto alle altre regioni d’Italia?
Io credo che la realtà italiana sia ancora in generale abbastanza maschilista. Non credo il contesto trentino si differenzi rispetto ad altre parti del paese. Le donne dovrebbero ricevere lo stesso trattamento dell’uomo. Alcune si fermano, rinunciano a combattere, ma bisognerebbe dare dei ruoli importanti anche a coloro che hanno meno caparbietà, perché sono convinta si dimostrerebbero delle persone comunque molto in gamba. Donne ce ne sono sempre troppo poche nelle posizioni di vertice. Bisogna capire che l’equilibrio è un valore.
Nel suo lavoro come si rapporta nella distinzione tra uomini e donne?
Io non faccio distinzioni tra generi, ma guardo le persone a seconda della loro utilità e delle loro funzioni. In una mia squadra composta da sei responsabili di reparto, tre sono donne e tre sono uomini. Non è un scelta fatta secondo una sorta di “quote rosa”, ma è una decisione che ho preso perché quelle erano le persone giuste da mettere in quel ruolo.