Chiusure domenicali, in arrivo le richieste danni per milioni e la Provincia convoca un vertice
Ieri è stata la prima domenica con negozi aperti in tutti i centri della provincia. Ma la questione delle chiusure domenicali non finisce con il liberi tutti deciso dalla giunta provinciale dopo che il Tar ha dato ragione a chi ricorreva per riaprire. Ora, infatti, si apre la partita risarcimenti. Almeno quattro catene commerciali, tra le quali Eurobrico e Sorelle Ramonda, hanno presentato la richiesta di danni alla Provincia per le 14 domeniche chiuse nei centri maggiori da luglio a ieri. La somma delle richieste supera i 4 milioni di euro, ma è destinata a salire, perché ci sarebbero altri operatori intenzionati a chiedere i risarcimenti anche tra i piccoli negozi. E la Provincia potrebbe trovarsi a dover pagare una somma ingente (con i soldi dei contribuenti).
Oggi in Provincia si farà il punto sulla questione tra le categorie e l’assessore Roberto Failoni.
La vicenda delle chiusure domenicali dei negozi nei comuni non turistici del Trentino, cioè in quasi tutti i centri maggiori a partire da Trento e Rovereto, si arricchisce quindi di un nuovo capitolo. Ai primi di luglio, subito dopo l’approvazione a tempo di record della legge che chiude gran parte degli esercizi commerciali la domenica e nei festivi, la giunta provinciale deliberava le deroghe per i comuni definiti ad alta intensità turistica. Poco dopo partivano i primi ricorsi da parte dei consorzi Shop Center Valsugana di Pergine e Cavalli di Civezzano, che comprendono tra gli altri gruppi distributivi locali come Poli e Habitat Arredamenti e catene nazionali in franchising.
I ricorrenti ottengono la sospensiva cautelare dal Tar, che sospende l’efficacia della delibera di giunta del 3 luglio e trasmette gli atti alla Corte Costituzionale, ritenendo non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della legge provinciale. La Provincia chiede al Tar l’interpretazione dell’ordinanza, per capire se gli effetti valgano solo per i ricorrenti o per tutti. Il Tar, nell’ordinanza depositata l’altro giorno, ribadisce che la sospensiva va interpretata nel senso che possono riaprire i ricorrenti, mentre sul resto è la Provincia a dover decidere. A quel punto molti altri operatori si preparano a fare ricorso come i due centri commerciali. La giunta Fugatti, passata la tornata elettorale, disinnesca la mina decidendo di sospendere l’efficacia dell’intera legge fino al pronunciamento della Consulta.
Ma tra le catene commerciali e i negozi si valuta anche la richiesta di danni. Il giro d’affari annuale delle domeniche supera i 100 milioni di euro. Pur considerando i centri che possono rimanere aperti, le chiusure possono costare al settore almeno 70 milioni. Quindi tre mesi di stop comportano perdite che superano i 20 milioni e il taglio di decine di lavoratori stagionali.
In questa fase difficile, dove il commercio al dettaglio, con l’eccezione dell’alimentare, è tra i settori più colpiti dalla crisi Covid, gli operatori passano a vie di fatto. Le prime cause civili con le richieste risarcitorie sono partite. Una delle grandi catene commerciali regionali avrebbe chiesto, secondo fonti a conoscenza del dossier, un risarcimento di 2 milioni e mezzo di euro.
Potrebbero inoltre chiedere i danni anche piccoli operatori, perfino dell’alimentare. Tra i soci di Dao-Conad, ad esempio, ci sono negozi che non hanno beneficiato del lockdown e poi sono stati colpiti dalle chiusure festive (l’Adige di giovedì).
Per oggi, intanto, l’assessore Failoni ha convocato tutte le parti interessate per spiegare come intende procedere la Provincia (che nel frattempo ha fatto ricorso contro il pronunciamento delTar e sosterrà la validità delle chiusure in Consulta, pur avendo «sospeso» la legge in via cautelare).