Baristi perplessi sull’abbandono dei buoni pasto per i dipendenti da parte della Provincia di Trento
Fabia Roman: «C’è preoccupazione, il nuovo sistema di gestione riesumerà le onerose percentuali di commissione. In Trentino eravamo arrivati ad azzerarle, oggi torniamo al passato e il rischio concreto è che tanti colleghi decidano di non offrire più un servizio che potrebbe trasformarsi in perdita»
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TRENTO. Anche i pubblici esercizi commentano con perplessità la notizia che la Provincia abbandonerà Easy Lunch, il sistema di gestione dei buoni pasto per i propri dipendenti, dovendo ritornare alla gara di appalto indetta nel 2019. Ma non solo, anche Giuseppe Pallanch della Funzione pubblica della Cisl è molto critico.
«L'equilibrio virtuoso raggiunto nella gestione dei buoni pasto - spiega la presidente dell'associazione Pubblici esercizi del Trentino Fabia Roman - consentiva un vantaggio per l'ente pubblico, i dipendenti e le imprese: oggi rischiamo di tornare ad un sistema oneroso che scontenta tutti».
«C'è preoccupazione - commenta la presidente Fabia Roman - alla notizia che il nuovo sistema di gestione dei buoni pasto dei dipendenti pubblici riesumerà le onerose percentuali di commissione addirittura al 7,73%, quando per legge, grazie anche all'attività di Fipe, queste non dovrebbero superare il 5%. In Trentino eravamo arrivati addirittura ad azzerarle, dimostrando che è possibile gestire un sistema che soddisfi sia le imprese che l'ente pubblico ed i suoi dipendenti. Oggi torniamo al passato e il rischio concreto è che tanti colleghi decidano di non offrire più un servizio che potrebbe trasformarsi in perdita. Chiederemo quanto prima un confronto con la Provincia per conoscere nel dettaglio questa nuova procedura e per sottoporre le perplessità della categoria che, dopo la pandemia e l'innalzamento dei costi (energetici ma non solo), teme un ulteriore calo della redditività delle imprese».
Duro anche il commento sul fronte sindacale. Sostiene Pallanch: «La questione non è mai stata affrontata in modo strutturale ma solo attraverso misure tampone. Ora i nodi vengono al pettine e i lavoratori rischiano di restare con il cerino in mano. È da tempo che evidenziamo la necessità di adeguare il buono pasto, di renderlo adeguato a un pasto convenzionato e va allargato in tutte le strutture: un segnale d'allarme restato inascoltato e adesso bisogna ancora una volta rincorrere».
La Cisl Fp è preoccupata perché pensa al potere d'acquisto, in quanto un buono pasto di valore dignitoso comporta benefici da più parti, anche per garantire anche le convenzioni e rafforzare la capillarità delle mense aziendali. «Non sarebbe una misura risolutiva a fronte della crisi e dell'inflazione - dice Pallanch - ma comunque un'attenzione importante per salvaguardare i lavoratori di tutti i settori e il potere d'acquisto. Questa azione può essere messa in campo in tempo brevissimi e dare già una prima risposta a tutti. La mossa della Provincia di aver regolamentato la parte delle commissioni era stata corretta ma doveva essere a nostro avviso accompagnata. Torniamo a chiedere di aggiornare il valore, fermo dal 2009. Non ci sono solo necessità di impresa, i lavoratori non possono essere gli unici a restare con il cerino in mano. Comprendiamo le esigenze delle aziende ma non si può ridurre tutto alla marginalità. Questo strumento è troppo poco competitivo in generale».
Per Pallanch «è evidente la necessità di ristrutturare il buono pasto: rafforzando il valore, introducendo cumulabilità, pasti convenzionati, allargando il perimetro per la consumabilità e adeguandolo al costo della vita e potenziando la capillarità delle mense aziendali. Tutte le parti coinvolte possono e devono avere soddisfazione con ricadute positive anche sul sistema economico e produttivo», conclude.