Bar in Trentino, un'impresa su due chiude nel giro di cinque anni
Luci e ombre nei dati che emergono dell'Associazione pubblici esercizi (Confcommercio) sull'ultima stagione estiva. Ricavi in crescita ma dopo la pandemia il numero di locali si è ridotto, il tasso di sopravvivenza resta basso e cala anche il numero degli occupati
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TRENTO. La stagione estiva è andata bene, gli incassi sono in aumento e le prospettive per il prossimo inverno e, in generali, per il futuro triennio, sono positive, eppure un bar su due entro cinque anni chiude o passa di mano. Disegnano un contesto di luci ed ombre i dati che emergono dal sondaggio effettuato dall'Associazione pubblici esercizi del Trentino (800 associati a Confcommercio) riguardo l'andamento dell'ultima stagione estiva.
Perché se è vero che per un terzo (su 200 intervistati) i ricavi sono in aumento, per altrettanti sono diminuiti. Secondo le elaborazioni dello studio Condini, ridono gli esercenti delle zone turistiche, a partire dal Garda. Sono soddisfatti i baristi di Trento e della Valsugana (incassi cresciuti del 10 per cento), mentre si piangono lacrime amare in Giudicarie, val di Non e Vallagarina.
Il bilancio. Insomma, secondo i dati presentati ieri dal presidente di Confcommercio Giovanni Bort, dalla presidente dell'Associazione pubblici esercizi del Trentino Fabia Roman e dal segretario di categoria Michael Giacomelli, la professione vive una fase di estrema contraddizione. Un aspetto accomuna tutti i baristi: l'aumento dei costi (di gestione e delle materie prime) ha ampiamente superato il ritocco dei listini. Anzi, quasi il 50 per cento dei titolari (specialmente nelle zone di periferia) dichiara di non aver aumentato i prezzi rispetto all'anno corso.
Il costo delle materie prime, invece, ha fatto registrare aumenti di oltre il 25 per cento per il 15,4 per cento degli intervistati, dal 10 al 25% per quasi la metà.
Per quanto riguarda le utenze, quasi il 65 per cento dei baristi segnala aumento dei costi, addirittura fino al 25 per cento in più rispetto all'anno scorso. Eppure il giudizio sulla stagione che si è appena chiusa è tendenzialmente buono. Tra i motivi per sorridere un terzo degli intervistati segnala il meteo favorevole soprattutto ad agosto, una buona affluenza di turisti (22,9%) e la possibilità di avere plateatici.
Il futuro. Al contrario, chi non è soddisfatto del proprio fatturato, lamenta nel 35 pr cento dei casi la percezione dei rincari nei consumatori. In generale, comunque, le aspettative sulla prossima stagione invernale sono buone per il 75 per cento dei baristi, mentre la percentuale scende al 63 per quanto riguarda il prossimo triennio.
La lista della spesa. Ai politici del prossimo Consiglio provinciale 4 baristi su 10 chiedono di ridurre la pressione fiscale. Il 15 per cento segnala la necessità di fare qualcosa per contrastare l'aumento dei tassi di interesse e altrettanti di favorire le liberalizzazioni per quanto riguarda plateatici, orari e autorizzazione ad organizzare piccoli eventi.
Ma il tema che tocca di più è quello della mortalità delle imprese. Dopo il Covid il loro numero si è ridotto di 78: ora i bar aperti in Trentino sono 1278. La metà riguardava imprese giovanili, passate da 220 a 181. In lieve contrazione anche le imprese femminili che esercitano attività di bar in Trentino (da 528 a 499). Nel 2023 risultano attive nella provincia Trento 499 imprese femminili contro le 528 del 2019. Il tasso di sopravvivenza resta basso: solo uno su due riesce a rimanere sul mercato. Gli altri o cambiano gestione, o cambiano codice Ateco (diventano ristoranti) o più semplicemente chiudono.
Ne va anche di un calo degli occupati del settore: 770 assunzioni in meno nei primi 7 mesi del 2023 rispeto al 2022. «Dopo a pandemia - spiega Roman - c'è difficoltà con la gestione della manodopera: è sempre più difficile trovare collaboratori qualificati, ma anche solo stagionali. Sono cambiate le priorità dei lavoratori, specie giovani».