Agricoltura biologica in Trentino: crollo del 40% per le superfici coltivate
A spiegare al contrazione soprattutto la perdita di pascolo biologico dovuta all'uscita dal sistema di operatori che ne gestiscono piccole o grandi superfici. Tale scelta, secondo il report Ismea, è dovuta alla politica adottata dalla Regione con il permanere del costo di certificazione di queste superfici che non danno diritto a un premio per il biologico
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TRENTO. Crollo vertiginoso in Trentino per le superfici biologiche. Secondo l'ultimo report pubblicato dall'Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea) nel 2023 la Provincia di Trento ha evidenziato uno tra gli andamenti negativi di terreni agricoli bio più marcato d'Italia, con una diminuzione superiore al 40%.
A spiegare al contrazione soprattutto la perdita di pascolo biologico dovuta all'uscita dal sistema di operatori che ne gestiscono piccole o grandi superfici. Tale scelta, estranea a interventi normativi (non essendoci stata alcuna variazione tra la vecchia e la nuova programmazione del Piano Strategico della Politica Agricola Comune) sembra dovuto piuttosto, secondo il report, alla politica adottata dall'amministrazione regionale con il permanere del costo di certificazione di queste superfici che non danno diritto a un premio per il biologico.
Quando infatti la gestione del pascolo non viene collegata a valle a una filiera zootecnica biologica, spiega ancora il rapporto, vengono meno le basi per pagare una certificazione.
Al contrario infatti, la decisione di passare al biologico di poche aziende coinvolte nella conduzione di malghe alpine a vocazione zootecnica ha influenzato, con esiti opposti, le superfici biologiche della Provincia di Bolzano, che sono cresciute nel 2023 di oltre 28 mila ettari. Ad andare persi in Trentino quindi tra prati, pascoli e seminativi in un solo anno ben 6.000 ettari, un dato che non può che preoccupare dato anche l'obiettivo fissato dall'Europa di raggiungere entro il 2030 il 25% di ettari di superficie agricole dedicate al biologico (dall'ultimo rapporto dell'Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile il Trentino registra, nonostante la crescita, ancora un pallido 8,8%).
Calo inoltre nella provincia anche per le aziende agricole biologiche passate dalle 1097 del 2022 alle 898 del 2023 (-18,1%) e per i produttori biologici passati dai 919 del 2022 ai 646 del 2023 (-29,7%). Tra le superficie biologiche, come anticipato, a impressionare invece sopratutto il calo del pascolo magro passato dai 4,776 ettari del 2022 ai 601 ettari del 2023 (-87,4%). Più debole l'incidenza nel calo della contrazione delle superficie legate alla frutta passate dalle 1001 del 2022 alle 857 del 2023 (-14,3%).
«Che il calo ci sia, sopratutto per i piccoli imprenditori, è chiaro - conferma Stefano Delugan, presidente della Federazione Trentino Biologico e Dinamico - ma le crescite e le contrazioni fanno parte di un andamento fisiologico del settore. Sicuramente il costo della certificazione è un fattore importante però dobbiamo pensare che a livello nazionale non viene restituito mentre la Provincia lo restituisce fino al momento della conversione. Il Trentino insomma ci prova con un dialogo continuo e costante». Ad avanzare altre possibili spiegazioni ci pensa Giacomo Broch, Presidente della Federazione Provinciale Allevatori: «Gli allevatori nelle zone intermedie di mezza quota calano sopratutto a causa dei grandi carnivori. Questi dati non mi sorprendono e sono contento che se ne parli. Il problema infatti non è degli allevatori ma del sistema».
Chiara la posizione del presidente su come risollevare il biologico delle malghe: «Dobbiamo ragionare sui grandi carnivori con una gestione seria procedendo anche all'eliminazione dove necessario. Inoltre dobbiamo intervenire sulla cultura turistica sostenendo la categoria. Non ci rendiamo conto di quanto valgono queste piccole realtà che rendono un servizio fondamentale al territorio. Perderle sarebbe un vero disastro».