Commercio / Bilanci

Alimentari, i dettaglianti Confcommercio: Natale, meno 5% di consumi

Il presidente Ribaga: “Si vede una forte propensione a contenere gli acquisti anche in un settore essenziale, complice probabilmente l’incertezza a livello economico”

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di Daniele Battistel

TRENTO. «Dalle primissime impressioni che stiamo raccogliendo sull'andamento delle vendite nel periodo festivo, sembra emergere una certa cautela da parte delle famiglie nei consumi». Per Nicola Ribaga, presidente dei dettaglianti alimentari trentini aderenti all'Associazione commercianti al dettaglio del Trentino (Fida), il mese di dicembre è stato sotto tono. «Stimerei un calo degli acquisti di oltre il 5 per cento rispetto alla media» calcola.
Ribaga, la gente spende meno anche per il mangiare?
«L'impressione è questa. Sembra che ci sia da parte di tanti una forte propensione a contenere le spese, anche in un settore essenziale come quello alimentare, complice probabilmente l'incertezza a livello economico. Nell'ultimo semestre il potere di acquisto delle famiglie italiane pare sì essere in crescita, seppur contenuta, ma gli analisti suggeriscono di attendere i prossimi mesi per capire se questo darà una spinta ai consumi che, per ora, non sembrano far registrare, per quello che riguarda l'alimentare provinciale, incrementi particolarmente significativi. Anzi».
Come hanno reagito i negozi al rincaro dei prezzi?
«Dal 2022, con l'inizio della spinta inflazionistica, i margini operativi delle aziende del settore hanno subito una significativa contrazione. La distribuzione organizzata (ovvero i grandi supermercati, ndr) ha risposto riducendo i propri margini, intensificando le promozioni, collaborando con produttori locali, accorciando la filiera e proponendo prezzi più accessibili per supportare le famiglie. Parallelamente, i negozi specializzati hanno invece scelto di puntare su nicchie di mercato e prodotti di alta qualità con un elevato valore aggiunto».
Intanto, anche il settore del commercio al dettaglio alimentare affronta il tema della difficoltà di reperire personale, anche non specializzato.
«Il cambiamento culturale innescato dalla pandemia ha spostato le priorità, privilegiando stabilità negli orari e una migliore conciliazione tra vita privata e professionale. Tuttavia, questo trend si scontra con la liberalizzazione degli orari di apertura, che non ha generato i benefici sperati né per i consumatori né per i commercianti. Le aziende familiari e i negozi specializzati sono meno svantaggiati perché partono da una storia commerciale "certificata" da anni. Credo invece che la grande distribuzione si troverà un po' più in difficoltà perché la dilatazione degli orari in termini di ore e di giorni di apertura impone di avere più personale da far ruotare».
Cosa propone?
«Io dico che un certo modo di pensare la grande distribuzione andrebbe ripensato. Abbiamo bisogno di personale preparato, ma recuperare manodopera non è semplice. Con Confcommercio da anni stiamo provando ad entrare nel mondo delle scuole professionali e all'istituto tecnico di San Michele per spiegare le opportunità che offre il nostro comparto».
Come vede il futuro del vostro settore?
«Nonostante le difficoltà la natura imprenditoriale porta con sé un innato ottimismo. Guardiamo al futuro del commercio con fiducia, convinti che vi sia spazio per tutti: grandi e medie strutture così come negozi specializzati. La chiave del successo risiede nella capacità di ciascun format di definire chiaramente la propria funzione e missione. Se mi è permesso, in questo contesto, la nostra associazione di categoria, Fida, che rappresenta oltre 200 aziende del dettaglio alimentare, attraverso il supporto e la formazione, accompagna i propri associati nella crescita professionale e nel processo decisionale imprenditoriale. Il commercio al dettaglio alimentare resta un pilastro del tessuto economico locale, pronto ad affrontare le sfide del futuro con determinazione e competenza».

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