Io infermiera dico: non dimenticateci

La lettera al giornale

Io infermiera dico: non dimenticateci

Egregio Direttore, mi chiamo Rita e sono infermiera presso l’ospedale Santa Chiara. In questo momento molto delicato e difficile per ognuno di noi vorrei lasciare un mio pensiero a tutti per provare a darvi la forza di andare avanti nonostante tutto.

Lavoro in Ematologia da quando è aperto il reparto quasi 11 anni fa, un reparto specialistico, delicato, difficile sotto tanti punti di vista. Noi operatori abbiamo la responsabilità verso i nostri pazienti di non far entrare il Covid in questo reparto, perché essendoci immunodepressi sarebbe terribile!
L’arrivo di questo virus ha messo un intero Paese in ginocchio, dobbiamo restare a casa ed è giusto che sia cosi. Chi lavora come me e ha un marito che a sua volta lavora (ringraziamo per questo), una bimba a casa dall’asilo perché giustamente sono chiuse tutte le istituzioni, si trova a doversi giostrare tra i turni per poterla tenere dato che non possiamo lasciarla ai nonni perché dobbiamo cercare di “proteggerli”.

Ho la grandissima fortuna di lavorare con un’equipe eccezionale, i miei colleghi da sempre sono come una famiglia, ci aiutiamo e ci veniamo incontro con cambi turni, e anche mio marito ha ricevuto disponibilità dalla fabbrica dove lavora, l’Aquafil, permettendogli dove strettamente necessario flessibilità nell’orario e utilizzo di ferie per permetterci di tenere la nostra piccola. Il top è smontare le notti di lavoro e poi inventarsi tanti bei giochini e cose divertenti da fare con la piccola, e se mi abbiocco ci pensa lei a dire «mamma mamma, sveglia, non si dorme! Dobbiamo giocare!».

Alla nostra bimba che ha 3 anni abbiamo spiegato che non si può uscire di casa perché sta girando un “brutto animaletto che si chiama Covid” e fa ammalare le persone, e dal 10 marzo non esce di casa, e non ha mai chiesto di uscire, perché mamma e papà se non sono al lavoro sono con lei e farle fare mille cose, si alternano quando ci sono entrambi, uno gioca con la piccola e l’altro fa da mangiare, o pulisce casa.

La spesa la fa mio marito al ritorno dal lavoro massimo 2 volte alla settimana, perché con lo scooter cerca di prendere le cose essenziali, e io cerco di diventare più brava a far da mangiare, non essendo proprio una mia qualità quella della cucina. Vediamo giorno per giorno quanto tutto questo durerà, e anche quando potremmo riuscire non sarà mai come prima, perché queste sono cose che ti segnano, e insegnano. Non mi lascio comunque abbattere dalla stanchezza, la noia non entra nella nostra casetta, e da sempre l’ascolto della musica e il cantare che mi accompagnano da quando ho memoria mi tengono su nei momenti in cui mi sembra di non potercela fare. Discutiamo eh, non è che siamo santi, anche perché io sono molto testarda e da stanca questo mio lato si amplifica, ma ci capiamo, ci sosteniamo e ci veniamo incontro, come facciamo da sempre io e mio marito. Speriamo di riuscire a trasmettere alla nostra piccola i nostri valori contando che questo periodo serva un po’ a tutti per rivedere le proprie priorità, capire l’importanza della vita e quanto sia bello potersi aiutare come famiglie, come comunità, vedersi, evitare rancori e “farsi sentire”, non aspettare che arrivi qualcosa di altro come il Coronavirus a farci svegliare e capire cosa abbiamo perso fino ad ora, o chi abbiamo perso. È dura per tutti, tutti dobbiamo fare dei sacrifici ed è fondamentale che ognuno faccia la sua parte.

Concludo riferendomi alla mia categoria, ora che ci è capitato questo “flagello” ci danno degli eroi. Ma noi tutti i giorni facciamo turni spesso estenuanti, la maggior parte del nostro tempo lavorativo è a contatto con persone che soffrono, stanno male, a volte non ce la fanno, persone che hanno famiglie.. e noi ci siamo sempre perché chi sceglie questo lavoro “deve esserci” con il corpo, con l’anima, ma soprattutto con il cuore. È un lavoro meraviglioso, stancante, difficile, delicato perché da noi dipende la qualità di vita di chi si fida e affida a noi. Il brutto è che nessuno ce lo riconosce. Non siamo una categoria che per ottenere qualcosa può permettersi di scioperare, perché il nostro primo pensiero è il benessere del paziente, e quindi non possiamo mancare. Amo il mio lavoro e mi impegno tutti i giorni per svolgerlo al meglio sotto tutti gli aspetti. Mi auguro che alla fine di tutto ci ricordino per questo. La vita è una sola, è un dono prezioso,non possiamo dimenticarcelo.

Rita Vescovi


 

Le dico solo grazie, cara Rita

Le dico solo grazie, cara Rita. Per quello che fa. Per come lo fa. Per l’entusiasmo, la dedizione e anche il senso di normalità - pur in questa emergenza - che riesce a trasmetterci con queste sue parole. C’è dentro tutto: famiglia, amore, difficoltà, impegno, caparbietà, disponibilità, timore, lacrime, sorrisi, difficoltà. Una lettera da incorniciare: una cartolina che è in un certo senso piena della storia di questa terra, del suo impegno, della sua solidarietà, della sua tenacia.

lettere@ladige.it

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