Il dolore per Ezio Bosso gigante dell'arte italiana

Addio a Bosso, gigante dell’arte italiana

Gentile direttore,
al dolore intenso suscitato dalla morte di Ezio Bosso si accompagna irrefrenabile il senso di ribellione per il venire meno di un testimone tanto umile quanto gigantesco dell’arte italiana. Ribellione e rabbia perché nel momento in cui l’Italia e il mondo hanno bisogno come non mai di testimoni credibili della bellezza insita in ogni forma di espressione artistica, in primis nella musica, ecco che questo gioiello brillante di luce purissima ci viene sottratto, quando ancora tantissimo aveva da regalarci, quando ancora tantissima speranza in un futuro migliore poteva regalarci, quando ancora tantissimo amore per le note struggenti emergenti da una tastiera era in grado di donare agli affamati d’amore del mondo. Perché Ezio Bosso non suonava la tastiera di un pianoforte, la accarezzava con quella dolcezza e sapienza con cui si accarezza la persona amata. E lui amava la musica e sapeva godere dell’immenso mondo che essa racchiude, così come conosceva fin nel midollo il dna delle melodie prodotte dalla genialità umana nei secoli, rendendone accessibili i misteri anche a noi mortali, entrando nelle corde della nostra anima per elevarla al cielo. Non c’è parola per descrivere i sentimenti, le emozioni, la gioia, le lacrime che quelle mani ossute e deformate dalla malattia sapevano suscitare solo sfiorando i tasti di un pianoforte, regalandoci il dono supremo di dimenticare, ascoltandole, le sofferenze, le preoccupazioni, le angosce nelle quali siamo immersi. Insegnandoci la leggerezza di affrontare la malattia con la dignità suprema di farne una prova per essere migliori e più umani. Tutto questo ci è stato tolto ora che ne avevamo più bisogno, immersi come siamo in una notte di cui a malapena si intravede la luce.
Oggi siamo più poveri e ancora una volta ci rendiamo conto di quanto lo siamo, sapendo che con la sua morte non potremo più perderci nella sua magia, non potremo cogliere il mistero della genialità umana quando si fa arte pura.


Elena Albertini


 

Mancherà a tanti

Mancherà a tanti. E mancherà a questo Paese che ha bisogno più che mai di poesia, di arte, di magia, di cultura.
Ma la sua musica resta. I suoi gesti restano. Quel suo sorriso contagioso resta. Insieme alla sua determinazione, al suo modo di essere: un uomo, un musicista, un direttore d’orchestra, in un certo senso un compagno di viaggio, anche un filosofo di quell’inquietudine potente che solo la musica sa descrivere, creare e raccontare. Ci lascia molto. Ed è un piccolo tesoro che ogni tanto possiamo guardare, aprire, riscoprire.

lettere@ladige.it

comments powered by Disqus