In Trentino la neve si fa desiderare e il Tirolo viene a caccia di turisti

La neve continua a farsi desiderare sulle cime trentine, mentre impiantisti e albergatori scrutano il cielo, e soprattutto il termometro, con crescente preoccupazione. Anche perché la minaccia è dietro l’angolo. Se il Trentino, così come l’Alto Adige, deve fare i conti con poca neve e temperature troppo alte per sparare quella artificiale, c’è chi non ha, a quanto pare, simili problemi. E fa di tutto per farlo sapere. È il caso del Tirolo, che ha avviato una una pressante campagna pubblicitaria via e-mail e Facebook, a colpi di video e fotografie

di Laura Galassi

La neve continua a farsi desiderare sulle cime trentine, mentre impiantisti e albergatori scrutano il cielo, e soprattutto il termometro, con crescente preoccupazione. Anche perché la minaccia è dietro l’angolo.

Se il Trentino, così come l’Alto Adige, deve fare i conti con poca neve e temperature troppo alte per sparare quella artificiale, c’è chi non ha, a quanto pare, simili problemi. E fa di tutto per farlo sapere. È il caso del Tirolo, che ha avviato una una pressante campagna pubblicitaria via e-mail e Facebook, a colpi di video e fotografie. Da ieri l’ente turismo austriaco sta martellando i social e ostenta piste perfettamente innevate, fra 50 e 180 centimetri di coltre bianca.

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In Trentino, invece, l’offerta è per ora molto risicata. Saranno sicuramente aperti solo gli impianti del Presena, del Grostè, due piste sul Tonale e, notizia di oggi, la pista servita dalla seggiovia Col Margherita-Lago Cavia, da quota 2.500 metri a quota 2.100, con il rientro al passo San Pellegrino  garantito dalla funivia Col Margherita.

Molte stazioni avevano segnato sul calendario la data del 29 novembre come momento inaugurale della stagione 2014/2015, una data che però è stata più volte ritoccata a causa dell’assenza di neve. La croce era stata messa sulla casellina del 5 dicembre, ma già sono arrivate le prime disdette da parte delle società di gestione degli impianti e dalle Apt.

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«Sarà un ponte fiacco. Quando si tratta di vacanze brevi la gente, giorno per giorno, consulta le previsioni meteo e decide se partire o meno. Quello che vedono sul clima trentino ha scoraggiato anche i più coraggiosi e così i numeri sono andati a picco», spiega amareggiato Luca Libardi, presidente dell’Associazione albergatori. La maggior parte dei turisti, quindi, messa sul chi va là dal meteo, non ha prenotato, ma non sono mancati coloro che hanno deciso di fare marcia indietro dopo aver acquistato i pacchetti in anticipo.

Non si tratta solo di un danno legato ai mancati introiti, che pure sono importanti. Gli operatori del comparto si erano rimboccati le maniche per accogliere nel migliore dei modi i turisti e ora si ritrovano a dover stare con le mani in mano in quello che potenzialmente era un fine settimana da record. «Storicamente questo week-end è sempre stato quello inaugurale, la partenza con il botto per l’inverno. Ovvio che partire con il freno a mano tirato ci getta nell’ansia», precisa Libardi.

Eppure per il resto della stagione le prospettive sono incoraggianti. Nelle valli sono arrivate già numerose prenotazioni per Natale, Capodanno e per febbraio: i prossimi mesi sembrano portare con sé un aumento delle presenze. «Sarebbe stato bello partire con il piede giusto», aggiunge il portavoce degli albergatori.

D’altra parte è del 48% l’incidenza del turismo invernale sul fatturato turistico totale in Trentino. Una fotografia puntuale dell’impatto economico del turismo invernale è stata fornita nei giorni scorsi da Maria Della Lucia, docente del Dipartimento di economia e management dell’Università di Trento, intervenuta alla giornata di studio «La montagna e lo sci» promossa dalla Sat.

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Della Lucia ha analizzato la capacità installata in termini di impianti sciistici, ancora ampiamente inutilizzata, mettendola in relazione con la capacità ricettiva, pure ampiamente inutilizzata, e la quota altimetrica degli impianti. Lo ha fatto guardando in faccia la realtà, cioè gli effetti attuali e futuri del cambiamento climatico sulle Alpi. Quella che viene definita «Natural snow-reliability line», al di sotto della quale non ha più senso investire in impianti sci, è oggi collocata a 1.500 metri di quota, cui corrisponde, in Trentino, la presenza di 11 consorzi funiviari e 32 società impiantistiche.

Con la previsione dell’aumento di un grado, la quota sale a 1.650 metri (10 consorzi e 27 aziende impiantistiche). Con due gradi in più, la quota arriva 1.800 metri (o consorzi e 23 aziende). Con 4 gradi in più, la soglia limite sarebbe di 2.100 metri (un consorzio e sette società funiviarie). Lo scenario attuale è di per sé troppo frammentato: 800 km di piste e 239 impianti di risalita suddivisi su 22 ski area e 56 società di gestione. E con 32 alla quota limite, vuol dire che 24 società sono già economicamente insostenibili. Resta però evidente l’impatto del turismo invernale: su un totale di 5 milioni di arrivi e 29 milioni di presenze (anno 2013), la voce «turismo» in Trentino rappresenta 2,5 miliardi di fatturato, con una incidenza del 10,7% sul Pil provinciale.

Ebbene, il fatturato del turismo invernale (dato fornito da Romano Stanchina, dirigente del Servizio turismo della Provincia, per la stagione 2012-’13) è di 1,2 miliardi, in calo dell’8% rispetto al 2009-’10. Lo sci rimane comunque ancora la principale motivazione di vacanza nella stagione invernale in Trentino. Con il cambiamento climatico evidente, il grande tema è quello di programmare e governare la transizione e la riconversione del modello dominante, fondato sullo sci. Anche perché la ricerca più recente fatta su 55 località sciistiche al top sull’Arco Alpino, ha rilevato una perdita del 2,5% di sciatori all’anno.

Della Lucia ha analizzato la spesa pro-capite giornaliera del turista. Che è in calo, dal 2010 al 2013, di 8,3 euro (- 7,3%) e, in relazione alla spesa media senza pernottamento, di 10,4 euro (- 13,8%). Per i turisti sciatori (per i quali sciare è la motivazione principale della vacanza), la spesa media pro-capite è di 117,02 euro, per i turisti non sciatori (al primo posto il relax) è di 81,22 euro, per gli escursionisti sciatori che non pernottano (la motivazione è sport con gli sci, con frequetazione di ristoranti e bar) è di 47,84 euro. Il dato che rileva è che la spesa media pro-capite del turista che viene in Trentino in inverno era di 109,3 euro nel 2005, di 112,7 nel 2010 e di 105,2 euro nel 2013. E la caduta della spesa dipende più dalla forte riduzione della spesa pro-capite che dall’andamento delle presenze.

La spesa turistica invernale (comprendente quindi sia turisti sciatori sia non sciatori), per consorzio funiviario, è così distribuita: Val di Fassa Carezza e Ski area Tre Valli 23,6%, Panarotta 2,1%, Pejo Funivie 2,2%, Trento Funivie 2,6%, San Martino di Castrozza-Passo Rolle 5,5%, Adamello ski-Ponte di Legno-Tonale-Presena 5,5%, Ski tour dei Forti-Folgaria 6,4%, Paganella Dolomiti 7,0%, Fiemme-Obereggen 12,0%, Folgarida-Marilleva 15,5% e Funivie Campiglio-Funivie Pinzolo 17,6%.

Due terzi della spesa complessiva è generata dai consorzi in cui prevale nettamente il contributo di turisti sciatori. Ma Della Lucia evidenzia che la maggior parte della spesa è sì generata da visitatori che sciano (54%), ma che turisti sciatori e non sciatori contribuiscono in eguale misura alla spesa complessiva, rispettivamente con il 46,6% ed il 46,4%.
La spesa turistica invernale ha una incidenza rilevante (48%) sul fatturato turistico totale del Trentino, ed il turista invernale spende di più: 23,5 euro di eccedenza nella spesa pro-capite rispetto alla media annuale. Ed contributo della stagione invernale al valore aggiunto turistico in provincia è del 46,4% (nel 2013, 669 milioni di euro su 1.441 milioni). Il contributo più rilevante (67,5%) viene da media e alta montagna. Quanto all’effetto moltiplicativo della spesa, Della Lucia ha calcolato in 69,6 euro il Pil (nuova ricchezza) generato ogni 100 euro di spesa turistica invernale.

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