Nella notte di 52 anni fa la tragedia del Vajont. Quattro minuti che sconvolsero il mondo
Bibliche le proporzioni della sciagura provocata dalla frana del monte Toc nel lago di Vajon, quasi 2.000 le vittime
Quattro minuti terribili: alle ore 22.39 del 9 ottobre 1963 una frana di 260 milioni di metri cubi, staccatasi dal monte Toc, provocò il disastro del Vajont. Una massa lunga due chilometri, larga da 500 a 800 metri e alta da 250 a 400 metri. Una sorta di meteorite che si inabissò a 90 chilometri all’ora nel lago artificiale del Vajont sollevando un’ondata di 50 milioni di metri cubi d’acqua alta fino a 200 metri, con un’energia pari a quella di un’esplosione atomica: una metà restò all’interno del bacino distruggendo Erto e Casso, nel Pordenonese, l’altra, dopo aver scavalcato di oltre centro metri la diga più alta del mondo (260 metri), si incuneò nella stretta forra del Vajont e cancellò Longarone, nel Bellunese, provocando complessivamente 1910 vittime. Da allora sono passati 52 anni, ma non sono bastati per rimarginare una ferita che brucia tuttora. Molte le iniziative, in tutta Italia, per non dimenticare questa terribile tragedia.
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«Sono stati commessi tre fondamentali errori umani - scrive il portale Vajont.net - che hanno portato alla strage: l'aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico; l'aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza; il non aver dato l'allarme la sera del 9 ottobre per attivare l'evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione. Fu aperta un'inchiesta giudiziaria.
Il processo venne celebrato nelle sue tre fasi dal 25 novembre 1968 al 25 marzo 1971 e si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi. Ora Longarone ed i paesi colpiti sono stati ricostruiti. La zona in cui si è verificato l'evento catastrofico continua a parlare alla coscienza di quanti la visitano attraverso la lezione, quanto mai attuale, che da esso si può apprendere».
"La memoria dolorosa del Vajont deve andare prima di tutto alle vittime, ai duemila morti, alla distruzione di due intere comunità, al lutto, alla sofferenza e allo sradicamento dei sopravvissuti". Lo afferma la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, in occasione dell'anniversario della strage di Longarone e Erto e Casso. A 52 anni dalla tragedia, Serracchiani parteciperà stasera a una messa e a una cerimonia pubblica a Vajont (Pordenone), Comune costituito nel 1971 per accogliere la diaspora di gran parte della popolazione colpita dalla catastrofe.
"Ho sentito il dovere di partecipare alla commemorazione a Vajont - afferma - in un paese che non sarebbe mai dovuto sorgere, a cui è toccata la sorte di portare nel suo nome e nelle sue radici la memoria dolorosa della tragedia. Deve rimanere vivo e vivido il ricordo della sofferenza di questa popolazione negli anni successivi, ma anche e nello stesso tempo deve rimanere viva la consapevolezza della fragilità di un territorio che non cessa di destare preoccupazioni e al quale vogliamo dedicare il rispetto che in passato mancò. Perciò, nel commemorare il disastro e il misfatto del Vajont, il Friuli Venezia Giulia si impegna a dispiegare tutti i suoi poteri, anche legislativi - conclude - affinchè nessun cittadino muoia più a seguito di incuria o disprezzo del territorio"