No a nuove strade e aree sciabili, sì alle ferrovie nelle valli
Alcuni sì a iniziative pubbliche per migliorare il tessuto socioeconomico delle Dolomiti, altrettanti no a progetti che affondano le radici in un modello ritenuto obsoleto e invasivo di sfruttamento della montagna. Il dossier inviato da Cipra Italia alla fondazione Dolomiti Unesco parla chiaro.
Stop alla continua espansione delle aree sciabili, basta eliski, niente nuovi progetti autostradali o simili, moratoria sulla costruzione di centrali idroelettriche: questi alcuni dei paletti principali posti dal sodalizio che raggruppa un centinaio di organizzazioni e istituzioni sotto l'ombrello della Commissione internazionale per la protezione delle Alpi.
Ma accanto alla richiesta di evitare iniziative aggressive nei riguardi dell'ambiente alpino, la Cipra si esprime con convinzione a favore di un'altra serie di interventi di cui si parla nei contesti decisionali dolomitici, a cominciare dalle varie proposte, sul tappeto in realtà da anni senza scatti a livello istituzionale, per rafforzare il trasporto su rotaia creando anche nuovi collegamenti rapidi e efficienti al servizio dei residenti e dei turisti.
«Voglio menzionare in particolare - spiega all'Adige il portavoce trentino di Cipra, Luigi Casanova - i due progetti per collegare la ferrovia della Valsugana con la provincia di Belluno (Primolano-Feltre), da un lato, e il Cadore con la Val Pusteria, dall'altro, consentendo così di chiudere un prezioso anello che attraverserebbe molte vallate e i tre capoluoghi dolomitici.
In linea generale la politica deve avere il coraggio di scelte innovative e quella delle metropolitane di superficie è senz'altro una prospettiva vincente: si migliora la qualità della vita per le popolazioni residenti e si crea un enorme valore aggiunto all'offerta turistica.
Il problema - prosegue Casanova - è che i politici spesso si fermano alle buone intenzioni e poi nella prassi fanno tutt'altro. Lo si osserva nitidamente anche nella fondazione Dolomiti Unesco: le medesime istituzioni qui rappresentate (le Province di Belluno, Bolzano, Pordenone, Trento, Udine accanto alle Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto, ndr) assumono posizioni molto avanzate nell'ambito di questo tavolo di lavoro, poi, però, tendono a latitare quando si tratta di tradurle nella legislazione e in generale nella pratica istituzionale.
Per l'eliski, per esempio, abbiamo la Provincia autonoma di Bolzano che lo vieta consentendo, però, ai velivoli di partire dal suo territorio verso la Marmolada bellunese dove il divieto non vige perché la Regione Veneto non ha legiferato in questa materia.
Insomma, oggi è il momento del coraggio e delle convergenze istituzionali verso una prospettiva che disegni per queste montagne e le comunità che le abitano un futuro nel quale vengano via via superate le numerose criticità e create condizioni migliorii».
Un capitolo particolarmente scottante riguarda la Regina delle Dolomiti, la Marmolada, con l'annosa richiesta fassana di costruire sul versante trentino un impianto da Pian di Fedaia a Punta Rocca, cioè alla stazione di arrivo della funivia storica che sale in tre tronchi dal versante bellunese, con partenza a Malga Ciapela.
Se fino a poco tempo fa la Provincia autonoma di Trento escludeva categoricamente l'idea di estendere gli impianti del Fedaia trentino fino a entrare nelle nevi eterne, con la nuova legislatura a guida Rossi le cose sono cambiate e recentemente c'è stato il via libera al prolungamento dell'impianto che oggi arriva a Pian dei Fiacconi (quota 2.650): secondo i documenti ufficiali si raddoppierebbe all'incirca la lunghezza del tracciato, entrando in pieno ghiacciaio. Si prevedono due tronchi con arrivo a Sass Bianchet (3.250 metri), appena sotto la stazione di Punta Rocca (3.310 metri) dell'attuale funivia, creando pure due mini-piste di collegamento con il circuito bellunese.
«A noi va bene che venga rifatto l'impianto di pian dei Facconi, ma la stazione a monte deve rimanere a quota 2.650, sotto le nevi eterne. Va assolutamente evitato ogni intervento che vada a intaccare il ghiacciaio, come invece ipotizzano sia la proposta provinciale fino a Sass Bianchet, sia ovviamente l'arrivo a Punta Rocca sul quale continua a insistere il Comune di Canazei senza rendersi conto che si tratta di una pretesa irrealizzabile per una lunga serie di ragioni.
Per quanto riguarda il collegamento con le piste sul versante bellunese, noi suggeriamo l'unica soluzione possibile, per rispondere alle esigenze degli operatori trentini senza creare nuovi danni al ghiacciaio: un efficiente collegamento con pullmini elettrici o a gas verso l'impianto del Padon e quindi Porta Vescovo.
In tutta questa vicenda bisogna ricordare che gli impianti sulla Marmolada bellunese, come hanno spiegato gli stessi proprietari, sono quasi saturi e dunque non sopporterebbero l'arrivo di un flusso turistico attraverso un nuovo collegamento dal versante trentino.
D'altra parte dietro l'insistenza fassana per avere a sua volta un impianto fino a Punta Rocca si può immaginare vi sia il desiderio, in realtà, di poter allungare prima o poi fin lassù la pista di pian dei Fiacconi, violando così in modo ancora più pesante il ghiacciaio.
Va compreso che siamo in un momento storico in cui bisogna accelerare nella costruzione di un modello innovativo per consentire e migliorare la vita in montagna delle nostre comunità, senza aggiungere nuove offese al patrimonio naturale», conclude Casanova.
La sensazione, rafforzatasi in queste settimane di siccità e penuria di neve, è in effetti che per perturare questo modello di business si puntino ancora più di prima gli occhi verso i ghiacciai, con tutte le complicazioni del caso.
Fra le altre criticità sottolineate dalla Cipra figura la questione del traffico a motore sui passi dolomitici, nonché della presenza invasiva di grandi parcheggi in alcuni dei valichi. «È possibile, in un percorso sperimentale da avviare con urgenza, partire con delle chiusure a fasce orarie, almeno sui quattro passi centrali. È doveroso intervenire da subito sul tema del rumore, impedendo il transito alle moto che superano i 65 dB di rumorosità e imponendo ovunque, facendolo rispettare, il limite dei 60 chilometri orari. Ci sono dei passi che sono stati stravolti dalla ubicazione dei parcheggi: passo Sella o Pordoi, il Falzarego, o Fedaia. Riteniamo sia possibile intervenire con progetti di riqualificazione e ridimensionamento di tali parcheggi, in modo graduale, e intanto potenziare l’accesso ai passo o con l’uso degli impianti funiviari o con il trasporto pubblico tramite navette», si legge nel rapporto.
Cipra si occupa anche di un tema, la cementificazione diffusa dei corsi d'acqua per lo sfruttamento idroelettrico, che sta prendendo corpo ultimamente anche in Trentino, con mobilitazione sia di comitati popolari sia di numerosi Comuni, è che da tempo è al centro di iniziative nel Bellunese (critiche verso la Regione Veneto e il governo centrale): «Per i corsi d’acqua è necessaria una loro immediata riqualificazione, partendo da una moratoria diffusa e condivisa da tutti i territori riguardo la proliferazione delle centraline o la diffusione di abnormi bacini di accumulo delle acque destinate all’innevamento artificiale».
Deciso anche l'appello per politiche territoriali che contrastino la tendenza all'impoverimento e - in alcune aree - allo spopolamento della montagna: «Le valli, per rimanere abitate, hanno bisogno di servizi. Il turismo ha bisogno di servizi. L’ambiente ha bisogno di servizi: affrontare i cambiamenti climatici significa investire in servizi. Quanto sta accadendo nelle nostre montagne sta impoverendo i servizi pubblici e con questo priviamo i nostri giovani di prospettive di lavoro di qualità. Riteniamo che la montagna non possa essere impoverita né dei servizi sanitari, né di quelli inerenti la formazione scolastica e men che meno di quelli relativi alla mobilità.
Se si prosegue sul percorso amministrativo attuale nel giro di pochi anni le nostre montagne non saranno più appetibili al vivervi stabilmente e saranno sempre più abbandonate. Non certo causa politiche basate sulla difesa dell’ambiente, ma per scelte che hanno un fondamento miope, ragionieristico, imposto dalle realtà urbane».
ECCO IL DOCUMENTO INTEGRALE DELLA CIPRA «OSSERVAZIONI ALLA SINTESI DEL PIANO DI GESTIONE DOLOMITI UNESCO»
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