Dalla Toscana per il lupo trentino «Non abbatteteli, ci sono altre vie»

Non si palca il dibattito sulla presenza e, di conseguenza, sulla gestione del lupo in Trentino. Stavolta a prendere la parola è un gruppo di attivisti toscani, l’Associazione Irriducibili Liberazione Animale, che evidenzia come le critiche al grande predatore siano «pretesti per tentare di dare il via al massacro», e fa appello all’uso di misure non cruente come recinzioni elettrificate e dissuasori acustici.

«Nei giorni scorsi amministratori trentini hanno lanciato una petizione online contro il lupo. La petizione chiede a Bruxelles ed a Roma che si adottino immediatamente le necessarie misure per abbassare il livello di tutela del lupo. - scrivono i toscani . A questo nuovo attacco che rinnova una persecuzione medioevale, contro il lupo, mai finita, non ci stiamo. Famosi etologi - dal Prof . Danilo Mainardi al Prof. Alberto Meriggi, dal dott. Duccio Berzi al dott. Rosario Fico - affermano che una specie altamente sociale come il lupo caccia in branco le sue prede naturali e quando viene ucciso un elemento del branco questo si destruttura perdendo la capacità di cacciare prede naturali, cioè il branco così destrutturato ripiega su prede più facili come greggi e bestiame, se non custoditi».

Continua la lettera: «Ancora l’etologia ci insegna - come spiega il Prof. Josef Reicholf, docente di biologia e conservazione della natura nelle due Università di Monaco di Baviera - che quando in un territorio vengono uccisi animali mediante la caccia, i sopravvissuti hanno maggiore disponibilità di cibo e di conseguenza si riproducono prima ed hanno una discendenza più numerosa.

I lupi che hanno una gerarchia sociale molto rigida, possiedono meccanismi intrinseci di autoregolazione, cioè all’interno di un branco si riproducono soltanto il maschio e la femmina alfa inibendo così l’estro nelle altre femmine.

Le uccisioni, con cui vorrebbero risolvere il problema gli allevatori che non si curano di attuare metodi di prevenzione, già esistenti, per la tutela del bestiame e dei raccolti, non fanno altro che peggiorare il problema.

Esistono soluzioni collaudate molto efficaci e non cruente quali: recinzioni elettrificate che impediscono al lupo di saltare; dissuasori, strumenti che emettono suoni che spaventano ed allontanano il lupo; cani da guardiania; ricovero notturno; badare il gregge.

Ricordiamo che è l’uomo per primo ad invadere lo spazio vitale del lupo, a partire dalla caccia che l’uomo pratica e sempre più intensamente. Vengono così uccise le prede naturali del lupo quali cervi, cinghiali, lepri e alcuni volatili, e questo può indurre il lupo a ripiegare su altre prede più facili da trovare».

«Pur di riuscire nell’intento di uccidere esemplari di lupo vengono tentate varie strade, oltre ad accusarlo degli attacchi al bestiame si vuol provare a farlo passare come un pericolo per l’incolumità pubblica, cosa alquanto improbabile in quanto di aggressioni non se ne ha notizia da oltre 100 anni. -concludono -

Il presunto sovrannumero e/o pericolo di questo splendido ed importante animale è ancora una volta un pretesto per tentare di dare il via al massacro.

Noi chiediamo più attenzione da parte degli organi competenti affinché si intraprenda con più incisività la prevenzione, essendo l’unica soluzione, considerando che in qualsiasi attività lavorativa non esiste il rischio zero».


 

Avviato nel 2013,con un co-finanziamento europeo di oltre quattro milioni, il progetto di protezione del lupo «WolfAlps», finanziato dal programma europeo Life, terminerà a maggio, lasciando in eredità 93 ranger formati, sei squadre cinofile con cani anti-veleno, 22 cani pastore, oltre 100 recinti elettrici anti-lupo, e 9 formaggi prodotti nelle Alpi Occidentali col logo del programma. Ma il programma ha destato una serie di critiche tra cui quelle dell’eurodeputato altoatesino Herbert Dorfmann, secondo cui la presenza del lupo potrebbe danneggiare lo sviluppo turistico della zona.

Dal monitoraggio condotto negli anni emerge che sono 47 i branchi di lupi disseminati nelle Alpi italiane, la maggior parte al confine tra Francia e Italia. I numeri sono stati diffusi da Angelo Salsi, responsabile del programma Life, in un convegno internazionale, che si è tenuto a Trento.

Secondo i dati preliminari: 37 branchi vivono nelle Alpi Occidentali, 1 in Lombardia, 8 in Trentino e 1 branco in Alto Adige, a cui si aggiungono poi sei coppie, ed un individuo solitario.

«Abbiamo gettato basi oggettive su cui lavorare per riacquistare la capacità di convivere con i lupi» spiega Salsi, che smorza le polemiche sulla petizione online lanciata dall’assessore all’Agricoltura di Bolzano Arnold Schuler, per uscire da «WolfAlps».

«Non è un’azione contro il progetto europeo - conclude Salsi- ma una rivendicazione locale per avere maggiore autonomia e flessibilità. Ma le deroghe alla direttiva europea ‘Habitat’ vanno concordate con il Ministero dell’Ambiente a Roma».

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