Anna Facchini: più attenzione a soci e sezioni Sat
Si è insediata alla presidenza della Sat da poco più di un mese, Anna Facchini, ed è la prima donna alla guida dell’associazione alpinistica da quando fu fondata, nel 1872. Un impegno di prestigio, con un patrimonio umano di 27 mila soci (suddivisi in 84 sezioni più alcuni gruppi) e materiale (35 rifugi,12 bivacchi, una casa sociale con lo Spazio alpino Sat e la biblioteca, con oltre 30 mila «pezzi» fra documenti e copie).
«Mi piace sottolineare - dice la neo presidente - che la presenza femminile in Sat è aumentata negli ultimi anni. Il 30% dei soci sono donne, è un dato recente, che ci segnala come ci sia stato un forte aumento della componente femminile. Nel direttivo le cinque donne candidate sono state elette tutte, sono molte le donne nei direttivi delle sezioni e in qualche caso sono anche presidenti, oltre che nelle commissioni».
Questo patrimonio di sezioni e soci si aspetta maggiore attenzione dalla nuova presidenza?
«È uno degli obiettivi che ci vogliamo dare, l’ho detto subito dopo la mia elezione.
Sono sicura che c’è da lavorare molto su questo aspetto. Mi piacerà incominciare dalle dieci sezioni che non hanno partecipato all’assemblea dei delegati per capire i motivi, vogliamo incominciare da lì con un punto di domanda».
Parliamo di rifugi, un patrimonio della Sat importantissimo?
«I rifugi sono un patrimonio storico e anche una componente di bilancio in termini di costi e ricavi. La Sat sta mantenendo questo patrimonio, con manutenzioni ordinarie e straordinarie, facendo importanti investimenti. Al rifugio Boè, che sarà ristrutturato, i lavori hanno già avuto inizio, è sicuramente l’investimento più grosso che si aggira sui 4 milioni di euro, con il contributo provinciale decennale del 90%».
E il Tonini, distrutto da un incendio nel dicembre 2016?
«Il rifugio Tonini è un simbolo di una comunità ed è un patrimonio materiale, ma anche immateriale identificativo di una comunità, e quindi ci stiamo concentrando sul nuovo Tonini».
Con quale stile architettonico?
«Anni fa la Sat ha dedicato un convegno sulla linea tradizionalista e sulle nuove architetture nei rifugi. Ci sono degli studi molto interessanti e c’è anche la voglia di sperimentare il nuovo dal punto di vista architettonico.
Sicuramente l’innovazione tecnologica ci porta in tutti e due i casi ad un miglioramento energetico, sia in termini di risparmio, che di produzione di energie con le rinnovabili.
I tempi del Tonini?
«Non sono in grado di indicare un calendario. Secondo me entro l’anno si dovrebbe arrivare ad un progetto autorizzato, sul quale poi costruire un piano finanziario e dare il via prima possibile ai lavori».
Molti rifugi sono dotati di idroelettrico e fotovoltaico, non pensa di fare un passo avanti? Di realizzare un «piano energetico Sat», per le rinnovabili come fu fatto vent’anni fa per il trattamento dei reflui?
«Questo è un aspetto che Sat potrà mettere tra le proprie linee guida, si tratta di strategie per il futuro».
Con il Cai ci sono rapporti difficili, come pensa di superare questa situazione?
«C’è bisogno, per quel che mi riguarda, di fare una fotografia della storia recente e anche passata di questi rapporti. È uno degli argomenti importanti, io penso ci siano i requisiti per un confronto. Ci uniscono, con il Cai, gli stessi ideali, mi risulta difficile pensare di avere collisioni».
La Provincia dà per legge alla Sat dei contributi, per rifugi e sentieri, ha qualche timore, date le prospettive di ulteriore dimagrimento dei bilanci provinciali?
«Io avrò sicuramente un atteggiamento prudente, non tanto legato a timori. È una situazione complessiva, dovremmo impegnarci e ragionare meglio su come utilizzare le risorse».
Che ci dice delle commissioni che operano in Sat?
«Vanno ripresi tutti i lavori delle commissioni: sentieri, rifugi, tutela ambiente montano, cultura. Tutte lavorano molto bene e da esse verranno al consiglio elementi per dare delle linee guida e di indirizzo».
La Biblioteca è una delle più importanti al mondo, un patrimonio enorme...
«Il lavoro fatto come commissione è stato finalizzato ad aprire la biblioteca, perché ad essa possa arrivare anche chi non è specialista di montagna.
Deve essere attraente per chi vuole approfondire alcuni temi. Attraverso il lavoro della biblioteca abbiamo proposto alla cittadinanza lo spazio alpino Sat».
Ma lo spazio alpino ha sostituito il Museo?
«Abbiamo comunque l’archivio storico che propone visite guidate. Si è voluta dare questa apertura proponendo attraverso eventi anche la possibilità di aver accesso a quella parte di archivio storico altrimenti non valorizzata. Ora c’è la Mostra dedicata a Bruno Detassis, con molti reperti storici».
I millennials (nati dopo il 2000) trentini stanno perdendo l’identità di popolo di montagna.
Cosa può fare la Sat per avvicinare i giovani alla montagna?
«La Sat sta facendo molto e potrà fare ancora di più, ma ciò non è conosciuto.
Mi riferisco all’alpinismo giovanile e a tutta l’attività fatta nelle scuole e per le scuole. Abbiamo fatto convenzioni con la Provincia e siamo riconosciuti come soggetto che fa alternanza scuola lavoro. Quest’anno sono in corso dei progetti legati ad alcuni licei e istituti tecnici. Abbiamo una convenzione con Fbk, e siamo accreditati Iprase per fare formazione agli insegnanti, quest’anno ci sarà il quarto corso formativo per insegnanti. È attivo un gruppo scuola, ma potrà diventare nel futuro una nuova commissione, per lavorare sulla formazione di docenti e ragazzi. Per i ragazzi, se troviamo linguaggi comuni anche le app, riusciamo a far conoscere loro la montagna».
La solidarietà è nel dna della Sat: quali prospettive?
«Il termine solidarietà è generico, ma fa parte degli ideali della Sat. Il congresso del 2017 era: montagna e solidarietà, intesa nelle sue varie accezioni verso persone diversamente abili, sia fisicamente che psichicamente. Abbiamo un gruppo che lavora, "montagna per tutti", molto sentito dentro la Sat, e ci sono molte attività che verranno promosse prossimamente. Cercheremo poi di creare attenzione verso rifugiati e profughi. A fine 2018 faremo delle iniziative nello spazio alpino, con la biblioteca e la commissione cultura».
Ambiente: quali sono le criticità del Trentino, sulle terre alte?
«Una delle criticità è legata ai cambiamenti climatici. Un tema che è stato affrontato nel 2007 e dal quale sono nate le tesi di Moena. Lo abbiamo ripreso nel 2017 sempre a Moena, con le tesi di Moena 2.0. Dai cambiamenti climatici discendono tutti gli altri temi legati: all’acqua ai ghiacciai e alla frequentazione della montagna. Tutti temi che riguardano l’utilizzo delle risorse».
Cosa pensa del progetto del patron di La Sportiva Lorenzo Delladio, a proposito del Passo Rolle, dove voleva creare un’isola per la frequentazione della montagna senza impianti?
«La Sat aveva invitato, l’anno scorso, Delladio in val di Fiemme in una riunione pubblica, ma il progetto era già decaduto.
La Sat vedeva in quel progetto la possibilità di un modello alternativo in determinate zone. Ci siamo ripromessi, con Delladio, di non perderci di vista».