«Sono una ribelle però non dico soltanto no» Intervistata dall’Adige la presidente della Sat Anna Facchini racconta la sua idea di montagna
La montagna in Trentino è sempre e comunque un tema di attualità, fa sempre notizia. D'estate e d'inverno, se ne parla per gli eventi, il turismo, l'economia, la politica e ovviamente le polemiche non mancano mai.
Ecco perché l'incontro dei Forum dell'Adige con la presidente della Sat Anna Facchini è in realtà un piccolo viaggio nella più stretta attualità, in questioni che tengono (e hanno tenuto e terranno) banco sul giornale, ma anche in molte case del Trentino, nei bar e nei ritrovi. Dal Jeep Camp ai danni di Vaia, dalla stagione nei rifugi al rapporto con i grandi carnivori, dalla cultura alpina al patrimonio Unesco da difendere, i temi toccati sono stati tantissimi.
Durante il Forum, al quale hanno partecipato il direttore Alberto Faustini, il caporedattore centrale Paolo Micheletto, il capocronista Lorenzo Ciola e Fabrizio Torchio, giornalista e profondo conosciuto della montagna, sono stati lanciati spunti di riflessione e provocazioni, temi da trattare e questioni da chiarire alla presidente, che ormai da un anno guida la Società degli alpinisti tridentini, prima donna in 147 anni di vita del sodalizio che conta 27 mila iscritti.
Presidente Facchini, quanto è importante la Sat al giorno d'oggi?
Credo che dopo Vaia in tanti abbiano capito quanto il nostro lavoro e i nostri volontari siano importanti. Ci sono sempre grandi aspettative su di noi perché il nostro impegno è costante: pensiamo a quei segni bianchi e rossi sugli alberi nel 5-600 chilometri di sentieri che curiamo e che stiamo cercando di ripristinare dopo i danni.
Anche politicamente siete importanti? Cosa le dice Fugatti?
In realtà ho incontrato gli assessori, mentre sto attendendo di parlare con il presidente.
È stato eletto nove mesi fa: questo incontro è una gravidanza...
Credo che a breve si terrà. Vorrei entrare nel concreto delle questioni e delle problematiche che ci riguardano e vorrei un maggiore riconoscimento, in generale, non solo da Fugatti, per quello che facciamo. Non siamo solo quelli che sistemano i sentieri e gestiscono qualche rifugio.
Ma siete anche?
Siamo anche solidarietà e scuola, siamo portatori di cultura e di formazione. La Sat centrale è diventata una sorta di centro servizi per le periferie, ma c'è bisogno di rimettere al centro una serie di tematiche.
Siete anche un no deciso al Jeep Camp, che però è in corso regolarmente in questi giorni.
Su questa questione siamo stati chiari e ci siamo schierati subito in maniera netta, senza ripensamenti.
Alcune sezioni periferiche, tuttavia, hanno detto sì.
Credo ci sia una diversità di vedute tra valli e piccoli paesi e grandi centri urbani, che per noi sono fondamentalmente Trento e Rovereto: la montagna viene vista, vissuta e percepita in maniera diversa. Una sorta di montanari "contro" élite culturale. E in questo senso è più facile trovare le risposte negative in città che non in valle.
I no da salotto, mentre in malga si è disposti a chiudere un occhio. Il contrario rispetto a orso e lupo: nelle valli c'è una opposizione netta.
Su orsi e lupi non abbiamo mai escluso una possibilità di intervento. Insomma, non vanno difesi a ogni costo: siamo gente di montagna, non abbiamo una visione da cartone animato di questi animali. Anzi, abbiamo organizzato tanti incontri nelle scuole spiegando che l'orso non è Yoghi. La loro presenza deve essere compatibile con le attività di agricoltura e di allevamento.
Restiamo nel campo dei no e dei sì: anche rispetto alle mountain bike la vostra posizione era contraria.
Non è esatto: la Sat non dice no alle biciclette in montagna e se oggi c'è una rete provinciale in tal senso è perché c'è stato anche il nostro contributo. Poi ci sono i divieti e i limiti da rispettare. Ovunque, tranne nella zona dell'Alto Garda.
La forza del turismo tedesco.
Anche se non sembra io sarei una ribelle: e quindi un po' di divieti li metterei anche lì.
Il turismo ha cambiato la montagna e chi vi vive?
Il turismo ha rovesciato criteri e modalità di vita, ma non sono tutti negativi, anzi. In molti casi ha garantito a paesi e valli un certo benessere. Tuttavia oggi qualche modello è rischioso e va rivisto: non è possibile copiare quello che funziona in una zona e pretendere che funzioni ovunque. Ad esempio nel basso Trentino, a Brentonico e sulla Polsa, oppure in val di Cembra, va proposto un turismo slow, dolce, a contatto con la natura. Che tra l'altro è in grande crescita e in molti lo cercano.
Cosa pensa dei cambiamenti climatici?
Credo che Vaia non sia, ahimè e ahinoi, un episodio isolato. Questi fenomeni violenti e molto rapidi sono in crescita, lo vediamo costantemente a livello mondiale. È un tema al quale teniamo e lo dimostra il fatto che già dodici anni fa abbiamo dedicato un convegno, a Moena, alle questioni legate al clima. Lo sforzo deve essere quello di fare cultura, i comportamenti individuali non bastano.
Abbiamo parlato di jeep e clima, turismo e biciclette. Ma non ancora di alpinismo, il motivo per cui la Sat è nata. Forse perché anche voi di alpinismo non ne parlate più?
Va rimesso al centro, sempre che sia stato spostato dal centro. Ho in testa dei progetti, dallo sportello informativo allo sviluppo delle scuole di alpinismo. E poi credo sia necessario aprire ancora di più all'arrampicata sportiva, che sta andando veramente forte tra i giovani.
A proposito di giovani: nella relazione programmatica e negli obiettivi pluriennali è una parola che torna spesso.
C'è una distanza, è vero. Io ho due figli e quando chiedo loro cosa pensano della Sat loro mi rispondono "Ma perché dovremmo iscriverci?". Credo ci sia un problema di linguaggio, che è molto diverso. Dobbiamo avvicinarli e intercettarli, fare in modo che abbiano una cultura delle montagna. Il problema è come e dove agganciarli.
Ad esempio sul vostro bollettino leggiamo un numero di fax ma non un indirizzo Facebook o Instagram.
Ecco, oltre al linguaggio ci sono gli strumenti. Quelli che abbiamo vanno bene per altre generazioni, ma evidentemente non per quelle più giovani. Idee e spunti sono ben accetti, voglio puntare molto su questo, le politiche giovanili sono punti importanti del programma. A proposito del bollettino, abbiamo rinnovato grafica e contenuti: è un primo passo, magari piccolo, ma almeno l'abbiamo fatto.
Dopo un anno come sta andando l'esperienza della prima donna alla guida della Sat.
Questo aspetto della prima donna sinceramente non mi conquista molto. Ho sempre detto che spero di non essere l'unica o l'ultima. All'inizio, lo ammetto, ero guardata con incredulità, lo si percepiva: nella testa dei miei interlocutori c'era la domanda "sarà capace? Resisterà?". Abbiamo fatto un lungo percorso di ascolto con le nostre commissioni e individuato una serie di punti strategici, all'interno di una macchina complessa e con anime diverse.
E l'anima di Anna Facchini che Sat vuole?
Una Sat che non sbatte i pugni sul tavolo, non è nel mio stile. Ma una Sat che sa stare al passo con i tempi e sa guardare al medio periodo, condividendo le strategie.