Agricoltura: maltempo e cimici Danni per 37 milioni di euro
Maltempo più cimice asiatica fanno 37 milioni di euro di danni alla frutticoltura e alla viticoltura in Trentino, nel 2019. «Abbiamo concluso le operazioni di rilevamento dei danni da avversità atmosferiche», conferma Andrea Berti, direttore del Consorzio difesa produttori agricoli (Codipra). «Questi, più quelli prodotti dalla cimice asiatica portano a un totale di 37 milioni di euro». Berti parla veloce come volesse scacciare i cattivi pensieri.
Ma non doveva essere un anno buono?
«Doveva».
Lo aveva detto lei, Berti, due mesi fa.
«Vero. E comunque, da dove cominciamo?».
Faccia lei.
«Nel 2019 il maltempo ha causato danni per 30 milioni di euro alla frutticoltura e alla viticoltura in Trentino».
Solo il maltempo.
«Esatto. Gelo, grandine, vento, eccesso di pioggia sull’uva».
Ad agosto sembrava dovessimo restare intorno ai 20 milioni di danni.
«Poi, però, l’eccesso di pioggia sull’uva e qualche ulteriore grandinata hanno portato a questo risultato. Sembrava un’annata assolutamente positiva, invece...».
Invece è un problema.
«Poi c’è la cimice».
E qui, a quanto ammonta il conto?
«Per la cimice asiatica siamo intorno ai sette milioni...».
...per arrivare così ai fatidici 37.
«Trentasette milioni di euro di danni alla frutticoltura e alla viticoltura. In un’annata, tra l’altro, in cui il gelo ha interessato soltanto le zone classiche».
Sennò sarebbe stato un dramma.
«Fortunatamente il gelo s’è concentrato nelle buche».
Cosa sono le buche?
«Il Trentino è rimasto praticamente come madre natura l’ha generato. Non abbiamo fatto delle grandi bonifiche. Sul territorio abbiamo quindi degli avvallamenti, e in questi avvallamenti non si formano laghi d’acqua ma... di aria fredda».
Il freddo sta in basso.
«Si concentra nell’avvallamento. Così abbiamo la buca di Francia...».
In Trentino.
«La chiamiamo buca di Francia ma è a Nanno, in val di Non. Poi abbiamo le buche di Terres, di Flavon, di Denno, di Romallo...».
Tutte in val di Non.
«Anche l’asta dell’Adige ha qualche buca».
L’asta dell’Adige ha soprattutto cimici.
«Tre anni fa la cimice asiatica è arrivata a sud di Trento, l’anno scorso ha arrecato i primi danni significativi e quest’anno è andata ancora peggio. Negli altri territori siamo a uno stadio inferiore ma è chiaro che bisogna porre attenzione».
L’allarme è stato lanciato un sacco di volte.
«Infatti ne hanno preso coscienza tutti quanti. Se prima sembrava che la cimice fosse solo un problema di qualcuno, ora ci si è resi conto che è di quasi tutti. La cimice è un problema per gran parte del territorio, per quel che riguarda il settore frutticolo. La sua presenza è segnalata anche nell’alta val di Non, con percentuali diverse dalla zona a sud di Trento, ovviamente, però c’è».
In Trentino sono stati trovati i due principali insetti antagonisti della cimice asiatica: la vespa samurai e il trissolcus mitsukurii.
«Alla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige sono già al lavoro».
Li stanno “moltiplicando”.
«Certo non ci attendiamo che il problema venga risolto per il 2020».
E per quando?
«Per i prossimi due, tre, quattro anni - minimo - dovremo convivere con questo problema. Che verrà circoscritto, ma continuerà a manifestarsi».
Voi di Codipra come pensate di aiutare i produttori agricoli trentini?
«Con il Fondo fitopatie».
Che è già operativo.
«...ma non interviene ancora per i danni da cimice. Lo stiamo strutturando».
Quando interverrà, allora?
«Dall’anno prossimo. Questo è l’obiettivo. Codipra gestisce il Fondo fitopatie cui hanno già aderito 2.630 imprese. Un gruppo di lavoro sta definendo il regolamento».
Quale regolamento?
«Verranno stabilite delle tecniche per contenere i danni da cimice. I produttori agricoli che non le rispetteranno, verranno esclusi dal risarcimento del Fondo».
Quali tecniche?
«Sfalcio degli appezzamenti con una determinata frequenza, sfalcio dei corsi d’acqua adiacenti ai terreni... Regole di questo tipo, che possono fare molto. L’ideale sarebbe la protezione con le reti ma in Trentino è quasi impossibile: sul nostro territorio abbiamo appezzamenti di due-tremila metri quadrati, microfrutteti... Le nostre aziende sono frazionate».
In Veneto è diverso.
«In Veneto, spesso, hanno dieci ettari in corpo unico».