Dopo l'ok di Roma, mondo dello sci in attesa: fondamentale la riapertura dei viaggi fra regioni
La riapertura degli impianti di risalita, nelle zone gialle a partire dal 15 febbraio (il 17 in Trentino), non contribuirà a salvare una «stagione drammatica».
Alla vigilia dei mondiali di sci alpino di Cortina (Belluno) restano scettici gli operatori dello sci, divisi tra la voglia di normalità e la preoccupazione che nulla sarà più come prima.
Pesano, in particolare, le incognite sugli spostamenti, quelli tra regioni che potrebbero impedire l’arrivo dei turisti in montagna e quelli tra comprensori interregionali, con le località della neve che attendono di conoscere nel dettaglio i protocolli per la ripartenza.
E, aderendo al flash mob lanciato ieri da sciare magazine, fanno suonare le campane per chiede l’attenzione del governo.
L’incertezza, sulle Alpi come sugli Appennini, è ancora grande.
Il consorzio Dolomiti Superski, ad esempio, è pronto a mettere in funzione gli impianti di risalita, anche con l’Alto Adige in panchina a causa del lockdown provinciale, ma attende l’ok definitivo di Roma.
Si prende tempo, dunque, tanto più che a causa del lockdown altoatesino, fino al 28 febbraio, saranno percorribili solo in parte i famosi caroselli sciistici sulle Dolomiti, come la Sellaronda, che tocca appunto l’Alto Adige, il Bellunese, e il Trentino. Quest’ultimo, in particolare, ha intenzione di aprire gli impianti di risalita il 17 febbraio, il giorno dopo il martedì grasso, purché, «sia ancora in zona gialla», ha spiegato in conferenza stampa il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti.
Il cda di Dolomiti Superski prende tempo e attende indicazioni precise da Roma, soprattutto per quanto riguarda gli spostamenti tra le regioni, dopo il 15 febbraio.
Il problema dei comprensori interregionali riguarda anche lo sci transfrontaliero. In Francia gli impianti sono chiusi almeno per tutto febbraio e non c’è ancora un’ipotesi di apertura.
In Svizzera, invece, sono aperti, ma le attuali norme sull’ingresso in terra elvetica - secondo il sito Viaggiare sicuri della Farnesina - prevedono la quarantena di 10 giorni per chi ha soggiornato o transitato per più di 24 ore in uno Stato o una regione considerata ad alto rischio di contagio.
E per l’Italia, dal primo febbraio, sono considerati ad alto rischio Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia Romagna.
I problemi, insomma, rimangono. «Occorre erogare con rapidità ristori e compensazioni che siano proporzionali alle perdite subite, ma è soprattutto necessario avere certezze sulle strategie per la ripartenza», sostiene il presidente di Federalberghi Torino, Fabio Borio, secondo cui gli hotel delle valli olimpiche piemontesi hanno registrano nel 2020 un calo del 90% del fatturato, con prospettive simili per il primo semestre 2021. Tanto più che anche con la riapertura, i turisti stranieri quest’anno non arriveranno.