Fulvio Valbusa e il ritorno in Lessinia: «L'emozione del lupo vale più delle medaglie vinte»
Il carabiniere forestale, celebre campione di sci di fondo, ora si occupa del monitoraggio della presenza dell'animale per il progetto Wolf Alps: «Il lupo è una presenza che fa parte della vita di questo territorio. Purtroppo sulla questione c'è tanta chiusura mentale, tanto interesse, tanta politica anche dietro a questo ritorno spontaneo»
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ROVERETO. Nelle foreste della Lessinia Fulvio Valbusa, campione dello sci di fondo, ci è cresciuto. Da Bosco, il suo paese della Lessinia Veronese, partiva assieme al papà per delle lunghe camminate. Ma è da quando ci è tornato nella sua "seconda vita" che ha iniziato ad assaporarne appieno la natura e i suoi abitanti. Con i quali oggi sembra vivere in simbiosi.
Fulvio, da dove nasce questo legame così forte che ha con la Lessinia?
«In Lessinia ci sono nato. O meglio, essendo un gemello sono nato in ospedale a Verona, ma a Bosco sono cresciuto e qui sono tornato. La Lessinia di allora è rimasta la stessa eppure da qualche anno a questa parte, da quando lavoro qui, è cambiata».
In che senso è cambiata?
«É cambiata per me. Prima era terreno di allenamento, ora questi posti me li gusto. A 25-30 anni correvo sempre con il cronometro in mano e non vedevo niente attorno a me. Ora osservo tutto in modo diverso, anzi sento la Lessinia con tutti i sensi. Sono tornato alle origini, a riscoprire quei passi che percorrevo insieme a mio padre».
Lei vive e lavora in Lessinia: cosa fa?
«Sono responsabile per i Carabinieri forestali, il corpo di cui faccio parte, del progetto Wolf Alps: mi occupo del monitoraggio dei lupi in Lessinia»
Dagli abiti sportivi alla divisa: la gente ha gioito e si ricorda di lei prima di tutto per le due medaglie olimpiche (oro nella staffetta a Torino 2006 e argento a Nagano nel 1998). Come forestale invece le capita di essere contestato?
«Sono passato dall'essere osannato come sportivo, all'essere maledetto perché proteggo i lupi. Ma ben venga la maledizione se è per proteggere un animale per il quale è nato un amore viscerale».
Che rapporto ha con i lupi?
«Sono animali pazzeschi, unici. È un abitante delle foreste della Lessinia e nessuno può toglierlo, tonerebbe perché la biodiversità di un territorio fa sì che questi carnivori tornino per la ricchezza di fauna selvatica, che rappresenta la maggior parte di cibo nella stagione invernale».
É stata più forte l'emozione di fronte alle medaglie conquistate o il faccia a faccia con un lupo?
«Gli occhi di Slavc, che insieme a Giulietta forma la prima coppia di lupi arrivata in Lessinia, a pochi metri di distanza mi hanno regalato forse l'emozione più forte. Perché è un momento naturale, non costruito. Ed ogni volta è diverso. Ti smentisce sempre il lupo se pensi di averlo capito. Lo sport mi ha dato tutto, è bellissimo, ma le cose più belle te le offre Madre natura. Lo dico anche in "Randagio", il libro scritto con la giornalista Serena Marchi».
É stato difficile reinventarsi?
«Non ho fatto fatica perché ho avuto dei colleghi che mi hanno insegnato tanto. E poi se hai la passione di farlo, impari in fretta».
E quando ha lasciato il mondo dello sport, è stato difficile?
«É stata una scelta. Ogni sportivo quando smette ad un certo livello decide se fare l'allenatore, il responsabile, il dirigente per rimanere dentro quel mondo. Io ci ho provato, ci ho provato per un anno ma ho capito che non era il mio mestiere. Ho dei limiti che mi hanno fatto capire che quello non era il mio futuro. Ne ho avuto la conferma e non tornerei indietro, quindi bene così. Sono molto felice di fare quello che faccio e per quello che mi dà, quello che mi fa respirare questa terra così particolare come la Lessinia».
Ci vuole coraggio però, anche perché rispetto ai lupi c'è molta diffidenza e contrarietà da parte della gente...
«Io lo considero un bellissimo lavoro, nonostante ci siano delle difficoltà affiancate a questo amore per i lupi. Mi trovo a scontrarmi con realtà della zona, a volte: si vedono venire incontro una persona che una volta era applaudita per le imprese sportive e che ora cerca di fare il suo lavoro al meglio. Anzi, è diventato anche un hobby questo mestiere del monitoraggio dei lupi che porto avanti anche nel tempo libero».
Le paure rispetto a lupo sono infondate?
«Sulla questione c'è tanta chiusura mentale, tanto interesse, tanta politica anche dietro a questo ritorno spontaneo. Da cento anni non si faceva vedere questo animale impattante, scomodo e critico quindi mi trovo a dover fare da filo diretto con la realtà. A spiegare chi è, come arriva e cosa fa. Che non è stato portato ma è un animale molto furbo, allusivo ma opportunista e se si lascia l'opportunità al lupo di predare in maniera facile, lo fa. Gli animali domestici li preda, lo fa da millenni. La specie più evoluta su questa terra dovremmo essere noi ma non lo dimostriamo perché di fronte a questo problema ci chiudiamo a riccio e mettiamo in campo solo il nostro interesse e la nostra comodità».
Lei che lo ha incontrato cosa prova quando lo ha davanti?
«Più che altro io i lupi li vado a cercare per capire dove sono, dove fanno le tane e le cucciolate. Seguendo questo animale in dieci anni l'ho incontrato tante volte, anche da solo di notte. E il lupo ha il terrore negli occhi quando ti vede, è un problema ancestrale per lui l'uomo, perché è stato sterminato e se lo porta dentro questo».
Cosa dice agli allevatori che lo temono?
«Solo una decina di aziende, quelle più interessate a proteggersi, hanno usato tutti i metodi che ci sono (cani, recinti e dissuasori) per contenere l'impatto del lupo in un territorio. É ancora così da quando dieci anni fa arrivarono Slavc e Giulietta, la prima coppia a colonizzare la Lessinia. Ci sono molti allevatori incavolati e incattiviti per i quali il lupo è stato portato e sono io che lo devo portare via io. Della politica poi, non parliamo: c'è chi qui in Veneto descrive il lupo come il T-Rex della Lessinia».
Cosa si può fare allora?
«Bisogna impostare qualcosa di costruttivo per la convivenza, che reste una parola grossa comunque».
Sono troppi i lupi in Lessinia?
«No, quella è una barzelletta. La coppia Slavc e Giulietta ha procreato 42 cuccioli, ma il branco di Slavc (che si conta in primavera, non in tarda estate con i cuccioli) è composto da sei elementi. Con le cucciolate si arriva a 12-13 elementi ma poi si disperdono, alcuni muoiono. Hanno colonizzato l'arco alpino e quando sarà saturo il territorio, come sulle Alpi Marittime, si sposteranno in pianura. Come a San Giovanni Lupatoto, dove c'è una coppia che gira: del resto perché mai si chiamerà così il paese? Nonostante questo non si registrano attacchi all'uomo da 150 anni».
In Vallagarina dove sono i branchi?
«Ce n'è uno sul Carega, a Folgaria, in Vallarsa e uno alle porte di Ala che gira sullo Zugna».
Avrebbe immaginato di fare questa vita?
«No. Tutti pensano che uno sportivo possa vivere sugli allori, ma tirare per le lunghe in cerca di quello che già lo sport ti ha dato, cioè tutto, non è la strada. E io mi sono ritrovato qui, in Lessinia ed è la cosa più bella che mi possa essere capitata».