Sepolto vivo per più di un’ora sotto la neve, l’esperto: serve maggior prudenza. Non si giochi con la vita
Lotta contro la morte, in Rianimazione al Santa Chiara, lo scialpinista travolto da una slavina. Quando i soccorritori lo hanno estratto dalla massa di neve Alessandro De Marchi, cremonese di 44 anni che lavora a Bolzano, presentava una gravissima ipotermia ed era in condizioni che fanno temere per la sua vita. Semisepolto anche un altro sciatore, che però se l'è cavata con traumi più lievi
I FATTI Ecco cosa è successo
FASSA. «In una giornata così il livello di rischio era altissimo. Ma il problema è quello di sempre: la frenesia, l'incapacità di rinunciare a programmi entusiasmanti».
Pure una persona posata come Gino Comelli, di fronte a un incidente come quello di ieri non riesce a nascondere il suo stupore: affrontare un'escursione scialpinistica in quota in condizioni come quelle che caratterizzavano la giornata di ieri è stato un azzardo, che chi conosce e rispetta la montagna non riesce a concepire.
Non un giudizio, quello del sessantottenne guida alpina, maestro di sci, istruttore delle guide, elisoccorritore e verricellista dell'Aiut Alpin, friulano d'origine e fassano per scelta, da quarantadue anni nel Soccorso alpino e per venticinque alla guida della stazione dell'Alta Fassa. Piuttosto, un cruccio: quello di assistere per l'ennesima volta a incidenti evitabili.
«Quella di oggi (ieri, ndr) era una giornata pessima per escursioni in quota. Innanzitutto perché è risaputo che il manto è particolarmente instabile dopo una nevicata. La neve fresca deve ancora compattarsi e assestarsi e questo rende il pericolo di valanghe molto più elevato, anche in condizioni ideali» Condizioni ideali che ieri non sussistevano.