Montagna / L'analisi

«Nevediversa»: tanti impianti di risalita, però in quota fa sempre più caldo

Il report 2023 firmato da Legambiente fra riscaldamento, bacini e "brutte idee": il Trentino è presente anche nel capitolo “I casi simbolo” degli impianti dismessi e o delle situazioni definite come “accanimento terapeutico”

CRISI Poca neve in alta quota, i rifugi trentini sono in difficoltà
STUDIO Ecco come sono diminuite le nevicate negli ultimi 40 anni
LEGAMBIENTE Neve scarsa e costosa, in regione record di invasi artificiali

TRENTINO La neve artificiale costa 24 milioni di euro l'anno
PANAROTTA Impianti chiusi, tanti con ciaspole, slittini, sci da alpinismo
ROLLE 
Bloccato il progetto turistico alternativo proposto da La Sportiva

TRENTO. La neve che diminuisce e il caldo che, invece, aumenta. In mezzo a questo c’è la montagna e soprattutto il turismo invernale che dipende (ancora) dalla neve. Argomento, questo, oggetto di dibattito nel quale si inserisce anche il report di Legambiente 2023 «Nevediversa», nel quale il Trentino Alto Adige spicca per numero di invasi e pure, ma senza record, per l’aumento della temperatura nei luoghi dove insistono anche le stazioni sciistiche.

Trentino presente anche nel capitolo “I casi simbolo” degli impianti dismessi con la cestovia del Pian dei Fiacconi che ha cessato l’attività nel 2019. E pure nell’elenco degli impianti sottoposti ad “accanimento terapeutico” con Bolbeno.

Un’analisi che parte da dati poco incoraggianti e purtroppo arcinoti. «È un momento critico per le montagne - scrivono Vanda Bonardo, responsabile Alpi Legambiente e Sebastiano Venneri, responsabile Turismo Legambiente - il 2022 è stato l’anno più caldo e secco in oltre due secoli in Italia, il secondo più caldo in Europa. E nulla sta cambiando in questo inizio anno tanto che è difficile separare la crisi del turismo invernale da quella della siccità. Anche per il 2023 la situazione idrica sarà critica. Sulle Alpi, le cui nevi provvedono al 60% dell’alimentazione del fiume Po, è nevicato la metà rispetto alla media. In base ai dati delle ultime settimane di febbraio 2023 la carenza di neve è quantificata in circa il 53% in meno sull’arco alpino. Lungo il bacino del Po in particolare il deficit di neve è arrivato al 61%. (fonte, Cima Research Foundation). Si sta prefigurando dunque un altro anno senza neve, con una siccità che attanaglia le Alpi già ora come se fossimo in pieno agosto».

Caldo in quota.

Uno degli elementi analizzati nel report è l’aumento delle temperature legato al cambiamento climatico: «I cinque anni più caldi in oltre due secoli sono tutti concentrati dal 2014 in poi, e i dieci più caldi dal 2003 in poi, a testimonianza della drammatica accelerazione del riscaldamento atmosferico». E guardando alle località che ospitano impianti di risalita, «i maggiori incrementi sono concentrati sulle Alpi. L’aumento più elevato è stato misurato nei comuni di Aprica e Teglio, entrambi in provincia di Sondrio con un aumento di ben 3,9 gradi». Un grado in più rispetto all’incremento fatto registrare - dati sempre Legambiente - dal Tonale, lato Vermiglio. Un aumento di 2,8 gradi è stato riscontrato da Moena e di 2,6 da Peio. Con un più che supera i due gradi ci sono anche Predazzo, San Martino di Castrozza, Pinzolo, Folgarida. Mezzana, Commezzadura, Canazei, Sèn Jan, Lavarone.

Innevamento e bacini.

Il Trentino Alto Adige è la regione con il maggior numero di bacini artificiali: sono 59. In Lombardia sono 17, sedici quelli del Piemonte, in Val d’Aosta sono undici. «Attualmente - scrive Legambiente - sono stati individuati ben 142 bacini per una superficie totale pari a 1.037.377 metri quadri circa». In regione la superficie calcolata è di 499.566 metri quadri. Fra quelli descritti nel report c’è quello di Pinzolo (Grual Rossa) che «garantisce acqua a sufficienza per coprire di neve i tracciati dell’area di Pinzolo, compreso il collegamento Pinzolo- Campiglio Express, attraverso il sistema di innevamento programmato». Quello di Folgarida Marilleva (Val Mastellina) che è «in progettazione. Il nuovo bacino artificiale, vicino all’arrivo della cabinovia Daolasa – Val Mastellina, consentirà di immagazzinare oltre 180.000 metri cubi di acqua. Una riserva che andrà a servizio dell’intero sistema di innevamento programmato di Folgarida Marilleva». Quello di Campiglio (Montagnoli) che è «in grado di fornire al momento opportuno 1.500 litri d’acqua per ettaro di piste da innevare. È tra i più grandi e capienti bacini artificiali italiani mai realizzati per l’innevamento programmano». E poi quelli di Passo Coe e del Pordoi («caratterizzato da un muro in cemento alto 12 metri, parzialmente interrato») e della Panarotta (il via libera al progetto da 1,4 milioni di euro è stato dato un anno fa).

“Accanimento”, edifici fatiscenti.

Nel capitolo “accanimento terapeutico”, Legambiente inserisce l’impianto di Bolbeno in località Coste. «Nonostante la quota molto bassa del sito - si legge nel report - la Provincia autonoma di Trento ha deciso di finanziare con 4 milioni di euro il restyling del comprensorio sciistico Bolbeno - Borgo Lares. Il progetto prevede la realizzazione nella skiarea di una seggiovia quadriposto ad ammorsamento fisso, con una portata nominale pari a 1600 persone l’ora, e il prolungamento della pista da sci esistente per ricavare un dislivello pari a 200 metri, così da consentirne l’omologazione Fis per slalom gigante allievi e ragazzi. La pista sarà anche servita dell’impianto di innevamento, di illuminazione e del magazzino di stoccaggio dei veicoli della seggiovia». Fra gli edifici fatiscenti, il rifugio Fedaia assieme a due edifici al passo, le caserme austro-ungariche delle Viote e il centro Alcide Degasperi a Candriai.

Brutte e buone idee.

Fra le prime Legambiente inserisce il bacino artificiale nell’area naturalistica delle Viote «un progetto che dopo due anni di stand by è stato nuovamente riproposto». Fra le seconde (sono 10 quelle proposte) c’è la Panarotta: «A ottobre 2022 la società che gestisce gli impianti della Panarotta ha deciso di tenerli chiusi. Troppe le incertezze tra l’incognita neve naturale, i costi dell’energia e la carenza di acqua. È stata una decisione difficile ma di buon senso puntare sulla stagione invernale ma in maniera diversa: ciaspolate e slittino, sci alpinismo e passeggiate, come quella per raggiungere a quota 1600 metri la Lupa del Lagorai, l’opera realizzata da Marco Martalar con alberi distrutti dalla tempesta di Vaia e percorsi notturni organizzati da esercenti locali (“in Panarotta sotto la luna”)».

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