Rifugi della Sat, abbiamo un problema? Fra rinunce e nuovi bandi, le storiche famiglie lasciano
L’allarme di Matteo Motter, presidente della sezione Caré Alto, per l’Ongari e il Mandron: «la Società Alpinisti Tridentini ha investito molto nei "muri", ma evidentemente troppo poco nelle relazioni umane»
TRENTO. La notizia è stata diffusa con un bando di gara di affidamento: tre storici rifugi della Sat cercano un nuovo gestore, e la «girandola» di avvicendamenti è sempre più veloce. Si tratta di tre casi diversi: si cerca un gestore al rifugio Sette Selle in Val dei Mocheni, perché lo storico gestore Lorenzo Ognibeni lascia per motivi personali. Ma nel caso dei due rifugi occidentali – il Mandrone e il Caré Alto – si tratta di famiglie che storicamente hanno gestito le strutture, e che fano in passo indietro. Come mai?
L’allarme lo ha lanciato oggi Matteo Motter, presidente della sezione sat Caré Alto e membro della direzione centrale della Sat, pubblicando su Facebook l’avviso di ricerca della Sat.
«Condivido questa notizia anche se un paio di domande come satino, come presidente di sezione comincio a farmele. Siamo all'ennesimo giro di ricerca gestori e in questo caso "saltano" due gestioni di due rifugi che ho nel cuore: il Mandrone e il Carè Alto. Saltano per diversi motivi, per diverse ragioni. Solo gli attuali gestori hanno e sanno esattamente il perché cedono il passo. Certo è che da qualche anno a sta parte troppe gestioni di rifugi SAT stanno cambiando. Tra il resto anche gestori "storici", gestori che hanno contribuito incredibilmente a rendere i NOSTRI (si nostri, di tutti noi satini!) rifugi quello che sono. E sicuramente la SAT Società Alpinisti Tridentini ha investito molto nei "muri", nelle ristrutturazioni, ma evidentemente troppo poco nelle relazioni umane. Questo mi vien da pensare vedendo tutti questi "valzer" degli ultimi anni. Perchè un rifugio alpino è ciò che è grazie a tutte quelle famiglie che gestiscono questi importanti presidi del territorio. Punti di arrivo, ma soprattutto punti di partenza per VIVERE la montagna in ogni sua forma, in ogni sua sfaccettatura. E evidentemente un tetto mi ripara la testa dalla tempesta, ma un consiglio, un insegnamento dato da un gestore, possono anche salvarmi la vita. Personalmente non posso che ringraziare sentitamente la famiglia Gallazzini (Mandrone) e Bosetti (Carè Alto) per come mi\ci hanno sempre accolti. A braccia aperte, soprattutto quando "occupavamo" i rifugi con i bambini dell'alpinismo giovanile. E sia questa anche occasione per parlare di montagna e capire se è la strada giusta che stiamo intraprendendo. Me lo auguro. Excelsior!» conclude Motter.