Montagna e clima, appello del Cai altoatesino: "Ripensiamo il futuro dello sci"
"Serve un cambi odi rotta per impatto climatico zero,rispetto di paesaggio, ambiente e tradizioni" Critica al modello bastato sulle piste: "Chi lo presenta come unica alternativa allo spopolament, in realtà non fa che spremere le regioni alpine declassandole a parco divertimenti, esercitando una pressione sempre maggiore sui delicati ecosistemi delle alte quote"
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TRENTO - "Ripensiamo il futuro dello sci": l'appello congiunto è di Alpenverein Südtirol, Cai Alto Adige, Climate Action, Dachverband für Natur- und Umweltschutz, Heimatpflegeverband, Nosc Cunfin e Mountain Wilderness, in occasione dell'avvio della stagione sciistica.
La giunta provinciale di Bolzano - si legge nella nota - ha recentemente aumentato di altri 22 milioni di euro i contributi pubblici per nuovi impianti di risalita.
Le associazioni alpine e ambientaliste chiedono "un cambio di rotta deciso: cogliamo l'occasione dell'aggiornamento previsto del Piano di settore impianti di risalita e piste da sci per sviluppare nuove idee e trasformare l'Alto Adige in un modello di riferimento, la prima regione sciistica al mondo a emissioni zero, capace di rispettare il paesaggio, l'ambiente e le tradizioni, puntando su una mobilità pubblica sostenibile".
Le conseguenze del riscaldamento globale per l'industria dello sci sono chiaramente descritte anche nel Dossier Neve di Eurac Research (2021): "Entro la fine del secolo le condizioni della neve a 2000 metri corrisponderanno a quelle che si trovano oggi a 1000-1500 metri".
Secondo le associazioni alpinistiche e ambientalistiche, "il rinnovo del piano di settore impianti di risalita e piste da sci, che dovrebbe avvenire tra pochi mesi, è un'occasione per tracciare la rotta in questa direzione".
L'Alto Adige dovrebbe diventare "un modello da seguire: la prima regione sciistica al mondo a impatto climatico zero, che rispetta il paesaggio, l'ambiente e le tradizioni e si affida ai trasporti pubblici".
"È ora di dire chiaramente che coloro che si presentano come i protettori delle regioni montane e affermano di essere l'unica alternativa allo spopolamento della montagna, in realtà non fanno altro che spremere le regioni alpine declassandole a parco divertimenti, esercitando una pressione sempre maggiore sui delicati ecosistemi delle alte quote", conclude la nota.