Turismo / Ambiente

Legge sugli impianti di risalita, dai Comuni controreplica a Failoni: «Ridotti gli strumenti dell'ente pubblico»

Continua scontro politico dopo il no del Consiglio delle autonomie al ddl firmato dal'assessore provinciale al turismo, che aveva reagito stizzito alla "bocciatura". Dai municipi critiche sulla norma che prevede il passaggio da un sistema basato sul rilascio di concessioni a uno prevede le autorizzazioni: «Succederà che noi sindaci non sapremo più cosa faranno i privati sul nostro territorio»

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TRENTO - "Il parere espresso dal Consiglio delle autonomie locali non è altro che un doveroso stimolo a lavorare assieme, per una effettiva ed equilibrata riforma del settore". Così, in una nota, il presidente del Cal, Paride Gianmoena, a seguito delle dichiarazioni rilasciate dall'assessore Failoni sulla posizione del Cal sul ddl che riscrive la disciplina degli impianti funiviari e delle piste da sci in Trentino. I Comuni temono che con questa nuova legge si trasferica in sostanza il potere decisionale dagli enti locali agli operatori privati.

"È doveroso il coordinamento con le norme nazionali, e con le pronunce della giurisprudenza costituzionale. Una riscrittura integrale della legge di settore, a quasi quarant'anni dalla sua entrata in vigore, non può, però, limitarsi a questo. Il comparto degli impianti da sci è stato, ed è tuttora, un asset strategico per il riscatto economico e sociale di molte valli del Trentino.

Nuove iniziative in questo settore, specialmente negli ambiti già ampiamente sviluppati, devono, però, essere ponderate, alla luce delle ripercussioni che comportano sul territorio, e che non possono essere scaricate sulle comunità locali, e sui comuni che le rappresentano", aggiunge Gianmoena.

L'esigenza, avvertita dagli enti locali - sottolinea ancora il presidente del Clal - è quella di riconsiderare l'intera disciplina di settore: "Il passaggio dal regime della concessione a quello dell'autorizzazione - pur coerente con l'evoluzione della sensibilità giuridica sul tema, certificata dalle recenti pronunce della Corte costituzionale - annulla, infatti, gli spazi per una valutazione di compatibilità in concreto delle iniziative private, con il grado di resilienza dei servizi e delle infrastrutture esistenti nei territori più congestionati.

Per altro verso, venendo meno i poteri del concessionario di definire le tariffe massime e le condizioni di esercizio degli impianti, così come i periodi di loro apertura, si riducono anche gli strumenti a disposizione dell'ente pubblico per assicurare che gli impianti realizzati siano gestiti secondo logiche favorevoli ai comprensori meno frequentati, o alla destagionalizzazione dei flussi turistici.

Aspetti questi, che occorre controbilanciare, agendo su altre leve, di cui va valutato un aggiornamento in una logica di sistema.

In proposito, un'opportunità da considerare potrebbe essere, ad esempio, il rafforzamento degli strumenti di pianificazione urbanistica, che devono valorizzare il ruolo dei comuni in una programmazione più puntuale degli interventi ammessi".

Dunque, è ormai conclamato lo scontro tra Comuni e Provincia sulla questione degli impianti di sci.

Come noto, la Giunta ha presentato un disegno di legge con cui cambia la disciplina in merito passando dalle concessioni alle autorizzazioni.

Secondo il Consiglio delle autonomie locali, si toglierebbe potere ai Comuni e si darebbe più potere agli impiantisti con la modifica della legge 8 del1993. Il Cal ha espresso mercoledì un parere contrario, con l’invito a lavorare ad un testo che metta al centro della pianificazione gli enti locali.

Ma il “no”, peraltro unanime, dei Comuni aveva fatto saltare la mosca al naso all’assessore provinciale Roberto Failoni, proponente delle modifiche. Secondo i Comuni gli adeguamenti andrebbero condivisi con i territori in una riforma complessiva, a quasi quarant’anni dalla definizione del quadro normativo attuale. Invece il tutto si risolve con una autorizzazione agli impiantisti da parte della Provincia. Failoni ha preso carta e penna ieri difendendo la sua proposta: «Si tratta di un disegno di legge tecnico che ci permette di aggiornare la normativa dell’attuale legge del 1987». Ma il no dei Comuni - sostiene Failoni - «stupisce e preoccupa.

Infatti senza l’approvazione di questa nuova legge saremo obbligati ad attuare direttamente il Decreto legislativo n. 40 in materia di sicurezza sulle piste. Ciò avrà delle gravi conseguenze: cambia la classificazione delle piste da sci trentine, molte delle nostre piste blu diventeranno rosse. Inoltre ai rifugisti sarà vietato utilizzare le motoslitte per l’approvvigionamento dei rifugi sia durante che fuori orario. Salterebbe inoltre l’articolo a favore della pratica dello sci alpinismo. Ma sono le motivazioni del parere contrario del Cal che ci lasciano più perplessi».

Tutto ruota sul passaggio dalla concessione di servizio pubblico al sistema dell’autorizzazione. « Voglio essere chiaro: - ammonisce Failoni - è così già oggi. Infatti siamo obbligati ad attuare la sentenza della Corte Costituzionale 103/2020 che ha sentenziato che gli impianti funiviari ad uso turistico-sportivo non rientrano nella categoria delle concessioni di servizio pubblico. Regolamentata l’attività attraverso la normativa, questi impianti sono soggetti alla sola autorizzazione per lo svolgimento di attività economica privata alla pari di qualsiasi altro esercizio commerciale.

Le uniche due eccezioni di servizio pubblico? Gli impianti a fune che sono sostitutivi di mezzi di trasporto, in Trentino i soli Sardagna e Mezzocorona. E la richiamata centralità del Comuni? C’è già ed è a monte, sul piano della pianificazione urbanistica e poi attraverso il permesso di costruire. Ma non solo. Nel disegno di legge abbiamo previsto la possibilità per i Comuni di istituire servizi di interesse economico generale a carico dei gestori di impianti fune stabilendo gli obblighi di servizio pubblico. È lo stesso che facciamo con i multiservizi nel commercio.

Ecco - concludeva Failoni - che in definitiva non comprendiamo la posizione assunta dal Cal. Non approvare questa legge rischierebbe di creare danni enormi per l’economia turistica e il movimento sportivo del Trentino. Non possiamo permettercelo».

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