Sui figli gay o handicappati ha ragione Divina
La lettera al direttore
Sui figli gay o handicappati ha ragione Divina
Ho letto recentemente un’assurda polemica su figli gay o handicappati tra Ghezzi e Divina. Ho letto anche di alcune levate di scudi e lanci di anatemi contro Sergio Divina “reo” di aver detto che non sarebbe stato felice se avesse avuto un figlio handicappato o omosessuale ma lo avrebbe amato lo stesso. Non conosco personalmente né Ghezzi né Divina ai quali riconosco però la libertà di pensiero senza ergermi a censore, soprattutto di una frase che solamente una strumentalizzazione può sottolineare e leggere quale denigratoria e discriminatoria.
Vorrei però analizzare la frase, che direi allo stesso modo. Anch’io non sarei felice di avere un figlio handicappato o omosessuale ma se li avessi li amerei lo stesso (che significa allo stesso modo di altri). Mi meraviglierei invece che uno fosse felice di avere un figlio handicappato e non per egoismo ma per una preoccupazione che mi porterei fino alla tomba, consapevole che alla mancanza dei genitori quel ragazzo, diversamente fortunato, avrebbe serie difficoltà a vivere la propria vita che troverebbe lastricata di difficoltà che i genitori, defunti, non potrebbero più appianare o mitigare.
Stesso ragionamento, sicuramente opinabile, per un figlio omosessuale, senza una parola in più né una parola in meno. Pensare che qualcuno sia felice di vedere un ragazzo handicappato mi è impossibile, sono però pronto, da sempre a dare una mano a chi ha una “fortuna” diversa dalla mia, che personalmente non chiamerei “fortuna”. Da come la penso è evidente che non sono un sepolcro imbiancato e tantomeno ipocrita. Non aggiungerei altro. Solidale con Divina.
Luigi Francesco Traverso - Civezzano
Un figlio è un dono: sempre e comunque
Capisco perfettamente cosa vuol dire. Ma devo dirle due cose. La prima è che un figlio è un dono: sempre e comunque. E non va mai aggiunto un “se”, quando si parla di un figlio. Così come non va messo un argine o un confine all’amore fra genitori e figli. La seconda cosa che le dico è che c’è contesto e contesto, per dire determinate cose. E conta anche molto come si dicono, le cose. Più di ogni altra cosa, però, conta ciò che si pensa. E Divina, indubbiamente, avrebbe dovuto e potuto declinare meglio il suo pensiero. Perché - in particolare quando si ha un ruolo pubblico e ci si esprime in un ambito pubblico - non si può non tenere conto di ogni sensibilità e di ogni sfumatura. A prescindere, come dire, dalla trasparenza (talvolta disarmante) del proprio pensiero.
a.faustini@ladige.it