C'è anche il referendum: ecco cosa succede con il taglio (o meno) dei parlamentari

Oggi dalle 7 alle 23 e lunedì 21 dalle 7 alle 15 (come per le comunali) si vota per il referendum confermativo ai sensi dell’articolo 138 della Costituzione sulla riforma costituzionale approvata sul taglio dei parlamentari (vedi quesito nella scheda sopra). Non è previsto il quorum de 50% più uno degli aventi diritto al voto come previsto dai referendum abrogativi. La consultazione è valida indipendentemente dal numero di voti espressi. Chi è favorevole alla riforma costituzionale vota «Sì», chi è contrario e vuole cancellarla vota «No».

Ma a cosa serve il Parlamento, se dopo aver riformato la Costituzione con i necessari quattro passaggi (due approvazioni alla Camera e due al Senato) e con la votazione definitiva a Montecitorio - quasi all’unanimità (solo 14 contrari e due astenuti) - per tagliare da 630 a 400 i deputati e da 315 a 200 i senatori, gli stessi politici che hanno votato la riforma si augurano che i cittadini al referendum dicano «No» per cancellarla e salvare loro il posto? E a cosa serve un referendum se - al di là del merito - i partiti lo “usano” in modo strumentale, in base al vantaggio politico del momento, per rafforzare o colpire il governo e gli avversari politici e la Costituzione è l’ultimo pensiero?
Sono forse questi i paradossi e l’ipocrisia di fondo, che alimentano il disgusto di molti verso la politica e che hanno caratterizzato anche questa campagna elettorale per il referendum sul taglio dei parlamentari, soffocando anche le buone ragioni del «no» al taglio del numero dei parlamentari e le analisi dei tecnici sui vantaggi o i pericoli insiti in questa riforma, limitata a un colpo di forbici e nient’altro.

Cosa succede se vince il Sì.
Il «Sì» al referendum confermativo dà il via libera alla riforma costituzionale - legge Fraccaro dal nome del deputato Riccardo Fraccaro (M5s), che l’ha proposta quando era ministro ai rapporti con il Parlamento, - che taglia il numero dei deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. La riforma è stata votata le prime tre volte - quando la maggioranza era gialloverde - da M5s, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Nella quarta votazione - quando intanto la maggioranza era diventata giallorossa - si sono aggiunti Pd, Leu e Italia Viva. Insomma, era la riforma di tutti (salvo Emma Bonino e +Europa). Dopo l’approvazione però molti ci hanno ripensato come Sinistra italiana e Rifondazione, eminenti esponenti del Pd e della Lega, mentre Forza Italia ha deciso di lasciare libertà di voto. Se vince il «No» la riforma viene cancellata. Il referendum confermativo non prevede il quorum, quindi il voto ha valore qualunque sia il numero di elettori che si esprimerà nell’urna.
Gli eletti in Trentino Alto Adige.
Con questo taglio, i parlamentari in Trentino Alto Adige scenderanno (si calcola in base alla popolazione) da 18 (11 deputati e 7 senatori) a 13 (sette deputati e sei senatori) con una riduzione del 27% contro una media nazionale del 36% e punte del 57% ad esempio in Umbria. Tenuto conto delle due Province autonome e dell’attuale legge elettorale per il Senato, vengono mantenuti dunque tre collegi uninominali in Trentino e tre per l’Alto Adige. Si perde il settimo senatore. Per la Camera si perdono 4 deputati nella quota proporzionale. I deputati trentini - i 4 della Lega ed Emanuela Rossini (ex Patt) hanno votato a favore dell’approvazione definitiva della legge. Anche se ora Rossini è tra i deputati che si augurano che i cittadini cancellino la riforma.

Costi della politica e risparmi.
In campagna elettorale ha tenuto banco il tema dell’effettivo risparmio legato al taglio dei parlamentari. L’economista Roberto Perotti, che è stato consulente del governo Renzi alla spending review, ha calcolato insieme a Tito Boeri un risparmio di 80 milioni l’anno di indennità, rimborsi spese, diaria, assistenti e vitalizi e sommando altre spese in meno per computer, pulizia, carta etc. si stimano circa 100 milioni l’anno, ovvero mezzo miliardo a legislatura. Se sia tanto o poco è opinabile. Per i sostenitori del no è il risparmio di un caffè all’anno per ogni cittadino (lo 0,007% della spesa pubblica).

Produttività dei parlamentari.
Un Parlamento più snello sarà più efficiente o meno democratico? La realtà ci dice - i dati di Openpolis sono impietosi - che un terzo dei parlamentari è assenteista. Quindi in Parlamento c’è chi lavora e chi non c’è. La riduzione di un terzo potrebbe forse essere un incentivo ai parlamentari a lavorare meglio, sia in commissione, che in un’aula meno dispersiva. Si obietta che la riduzione dei parlamentari dà più potere ai partiti nella scelta degli eletti. Ma questo non è un argomento molto forte, visto che già oggi sono i partiti a scegliere i candidati, sia per le liste bloccate nel proporzionale, che per i collegi e sovente nei territori vengono “paracadutati” esponenti nazionali in cerca di un’elezione blindata in barba alla rappresentanza locale. Alle ultime elezioni, ad esempio, fece discutere la presenza di Maria Elena Boschi, voluta dal Pd in Bassa Atesina.

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