Ragazzi, non bevete Io finita in coma etilico
Una giovane ragazza della Valsugana, dopo esssere finita in come etilico, ricostruisce quanto le è accaduto, descrive le sue emozioni. la sua vergogna, le sue paure. E si rivolge soprattutto ai ragazzi della sua età
LA LETTERA
La verità fa quasi sempre male, spesso è disumana. Ma se c'è una cosa che ho capito è che non si scappa dalla verità. Non serve a niente mascherarla, aggirarla, cercare delle alternative. Se è dentro di noi verrà sempre a galla. E forse la mia verità potrà, un giorno, essere d'aiuto a qualcun altro. Sono una persona semplice, anche se a volte sembro complicata: sono come tutti voi. Ho poche cose che mi stanno a cuore, poche persone che mi sono vicine e a volte penso di non meritarmi tutto questo. Penso che vorrei essere migliore soltanto per loro. Sono un'adolescente, sono spesso e volentieri un'idiota. Sono impulsiva e incosciente, sbaglio spesso, perdo un sacco di treni. Penso che questo mondo a noi ragazzi sia un po' scomodo. Ci dicono sempre che siamo una generazione distrutta e distruttiva, che dipendiamo dalla tecnologia, che pensiamo solo a divertirci, a bere, a sballarci, che non abbiamo valori né progetti di vita. E forse è vero, forse a volte pensiamo che il futuro potrebbe non arrivare mai, o ne abbiamo semplicemente paura. Ed è legittimo, è legittimo per il mondo in cui viviamo e perché continuano a ripetercelo che forse non ci sarà posto per noi. Lo vorremo tanto, un posto nel mondo, dove poter dire chi siamo senza paura, dove poter stare tranquilli e alzare un attimo le persiane e lasciar entrare finalmente un po' di luce.
Dicono che ci sono dei momenti che ti cambiano la vita, in modo definitivo, marcato. Non pensavo fosse proprio vero, pensavo che l'essere umano si evolvesse e si perfezionasse di giorno in giorno. Invece ora credo che ci sono delle tappe nel nostro sviluppo, o delle toppe, se così si possono chiamare. Quello che ricordo è poco, quasi nulla. Ricordo un inizio serata come tanti altri, ricordo il grande tendone gremito di gente, io che mi fermo a salutare qualcuno a fare due chiacchiere. Beviamo un po', tutti insieme, ridiamo e scherziamo come abbiamo fatto mille altre volte. Poi il buio. Il buio e le urla e voci sconosciute che mi chiamano. E quell'odore forte di vomito e di sconfitta che non dimenticherò mai. Quando mi sveglio ho un ago lungo una spanna conficcato in un braccio e sono in un letto insolitamente bianco. Ci vuole poco per capire, mia madre al mio fianco e il suo sguardo senza espressione.
La prima cosa che mi viene in mente è «stupida», non so cosa dire, non so cosa pensare. Cerco di ricordare, e mi ricordo che la mattina prima mi ero svegliata con un lacerante mal di schiena, e mi ricordo di aver preso degli antidolorifici. Mi sembra tutto così surreale, mi sembra di sognare. Ho pensato che questa volta l'avevo fatta grossa, ho sentito una fitta al cuore e il mio pensiero è subito andato a tutti quelli a cui avevo rovinato la serata, a mia madre che si era svegliata nel cuore della notte sapendo che sua figlia, sì, proprio sua figlia, quella brava ragazza di sua figlia, era in coma. Ho pensato che forse sarebbe stato meglio morire, e togliere a tutti il disturbo. L'infermiera mi fa qualche domanda, scherza con me, mi dice che un ragazzo è venuto a cercarmi e quando sento il suo nome mi scappa un sorriso. Quando salgo in macchina per tornare a casa invece scoppio in lacrime e non so cosa dire, mia madre mi dice tu eri la mia forza, il mio braccio destro, mi fidavo di te. Tutto è stato un fulmine, veloce e violento e quello che ha fatto più male è stato quello che è venuto dopo. Quello che tutt'ora fa un male atroce è un senso di colpa che pesa come una lastra di cemento. Ho sempre pensato che la cosa più brutta che possa capitare a qualcuno sia perdere se stesso.
Perdere la propria integrità, la propria morale, la propria capacità di agire e ragionare autonomamente. Sono riuscita a perdere tutto in una notte, a cadere a peso morto in mezzo a tutta quella gente che mi conosceva. Probabilmente ho fatto cambiare l'idea di me a tutti quelli che mi stimavano, e ho dato un motivo in più a chi non mi sopporta per deridermi. So che dovrebbe non importarmi, so che non dovrei dare peso al giudizio degli altri ma non posso fare a meno di pensarci. Perché io non sono così, non sono questo tipo di persona e piano piano lo dimostrerò al mondo e a me stessa. Pure io mi ritengo una stupida, ma forse sono solo qualcuno che ha perso la strada. Credo di poter inserire quel giorno nei «giorni più brutti della mia vita» senza pensarci due volte.
È così, quando la vita ti calpesta e ti spacca le ossa. So che posso rialzarmi e so che posso farlo grazie alle persone che ho accanto, grazie a quella dolcezza e a quella profondità che mi hanno insegnato i miei genitori, grazie ai sorrisi di tutti i miei amici che mi apprezzano nonostante tutto e grazie a quel fuoco che ancora mi brucia dentro. Forse capirò chi sono, anche se probabilmente ci vorrà ancora molto tempo, e forse capirò cosa significa essere una brava persona. Il mio obiettivo è questo, essere qualcuno che se la cava, qualcuno che valga davvero la pena. Vorrei dire qualcosa a tutti i ragazzi della mia età, vorrei dire qualcosa a tutti anche se non so precisamente cosa. Non diventeremo mai maturi come vogliono loro, non saremo mai degli uomini e delle donne perfette, non avremo mai la strada spianata davanti a noi. Nessuno l'ha mai avuta, né i nostri genitori né i nostri nonni.
Diventeremo noi stessi, diventeremo quello che abbiamo imparato dalla nostra generazione. Forse dovremo rimboccarci le maniche e superare dei momenti sgradevoli, forse dovremo sbattere contro centinaia di muri per capire che stiamo sbagliando strada. E staremo male, male da voler sprofondare sotto terra. Ma staremo anche bene, e non dopo 10 birre e una mano intorno alla vita, perché non è vero che per divertirsi bisogna strafare. Le cose belle sono le più piccole, le più semplici. Staremo bene quando ci sentiremo noi stessi senza maschere, quando capiremo di avere accanto persone autentiche che ci sopportano e che ci supportano senza volere niente in cambio. Staremo bene davanti a un cielo stellato, in cima a una montagna, di fronte all'immensità del mare, o anche solamente nei nostri letti quando saremo stanchi e soddisfatti delle nostre giornate.
C'è una bellezza di cui solo i vinti sono capaci, e se noi siamo la generazione vinta siamo gli unici che possono ancora apprezzare la bellezza della vita.
Diciassettenne della Valsugana