Carne e cancro, polemiche dopo l'allarme dell'Oms
Continua a far discutere l'allarme lanciato dall'Organizzazione mondiale della sanità sul consumo di carne
Il giorno dopo il nuovo e più diropente allarme lanciato dalla Organizzazione mondiale della sanità sul consumo di carne, si susseguono commenti, difese d’ufficio di interessi economici in questo settore dell’industria agroalimentare, diffuse apparizioni nei media di figure impegnate a tranquillizzare i cittadini, appelli a fare chiarezza da parte di associazioni vegetariane, interventi dissonanti da parti di esperti (chi invita a relativizzare il rischio di cancro correlato, che sostiene che il problema finora è stato sottovalutato).
Il tutto, c’è da presumere con buona probabilità di azzeccarci, sullo sfondo di grandi manovre lobbistiche, tipiche delle relazioni istituzionali della nostra epoca fra centri di interesse economico privato e ambiti decisionali pubblici.
Gli hot dog, lo street food per eccellenza a New York, e anche la carne in scatola, così come le più nostrane salsicce, bresaola, affettato di tacchino/pollo, salame, lonza, coppa, mortadella, wurstel, sono le carni trasformate entrate ieri nella lista nera dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità. Secondo uno studio l’International Agency for Research on Cancer (Iarc). prodotti che vanno inseriti nel gruppo 1 per rischio cancerogeno, a pericolosità più alta, come il fumo e il benzene.
Le carni lavorate, spiega l’Oms, includono le carni che sono state trasformate «attraverso processi di salatura, polimerizzazione fermentazione, affumicatura, o sottoposte ad altri processi per aumentare il sapore o migliorare la conservazione».
La maggior parte delle carni lavorate contiene maiale o manzo, ma le carni lavorate possono anche contemplare altri tipi di carni rosse, pollame, frattaglie o prodotti derivati dalla carne come il sangue.
Per parte sua l’Unione europea tiene a rassicurare subito i cittadini circa le sue intenzioni di prendere sul serio le nuove evidenze che appaiano, per rischio potenziale, gli insaccati al fumo di sigaretta: «Siamo a conoscenza dei risultati pubblicati dall’International Agency for Research on Cancer (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) sull’associazione tra consumo di carne rossa e maggior rischio di insorgenza del cancro, principalmente per il tumore del colon-retto. Esamineremo con attenzione questo rapporto, come del resto facciamo con tutti le osservazioni pubblicate dall’Oms», ha detto Enrico Brivio, portavoce della Commissione europea per la salute e la sicurezza alimentare.
A proposito del consumo di carne rossa, la Commissione europea a più riprese ha peraltro già ribadito che una dieta ben bilanciata e una buona attività fisica sono essenziali per mantenersi in buona salute.
Le carni di qualsiasi specie che vengono semplicemente macinate prima di essere vendute al consumatore, benché con aggiunta di sale o pangrattato non sono carni trasformate, precisano intanto Assocarni e Assica (Associazione industriali delle carni e dei salumi), spiegando che gli italiani mangiano in media due volte la settimana 100 grammi di carne rossa (e non tutti i giorni) e solo 25 grammi al giorno di carne trasformata. Un consumo, secondo i rappresentanti dell’industria alimentare, che è meno della metà dei quantitativi individuati come potenzialmente a rischio cancerogeno dallo studio Iarc.
Il consumo di carne degli italiani, osserva a sua volta Coldiretti, con 78 chili a testa, è ben al di sotto degli Stati Uniti (125 chili pro-capite, o degli australiani con 120 chili, ma anche dei francesi con 87 chili a testa. Il valore del settore carni e salumi nazionale è circa 30 miliardi, includendo sia la parte agricola che quella industriale. Settori che danno lavoro a circa 125.000 persone a cui va aggiunto l’indotto, insiste l’associazione contadina.
Sul fronte dei sodalizi ecologisti, si fa sentire l’Enpa (Ente nazionale protezione animali) auspica che «le istituzioni prendano atto di una “rivoluzione copernicana”, una vera rivoluzione verde» e «promuovano senza più alcuna riserva mentale l’alimentazione non carnivora, favorendo l’abbandono di stili di vita nocivi per gli animali, per gli uomini, per il pianeta».
La presidente nazionale di Enpa, Carla Rocchi, osserva: «Bisogna che istituzioni, associazioni di categoria e portatori di interesse prendano atto con serenità e pacatezza del “verdetto” emesso dall’Oms, che per noi vegetariani e vegani non rappresenta affatto una novità.
È inutile e pretestuoso arroccarsi in una interessata difesa delle posizioni dei produttori di carne: è ormai definitivamente dimostrato che tra carne e tumori esiste una stretta correlazione.
Lo affermano insigni studiosi in tutto il mondo e anche nel nostro Paese, basti confrontare le posizioni espresse dal professore Umberto Veronesi e dal dottor Franco Berrino dell’Istituto nazionale dei tumori».
«Alla luce di ciò - conclude Carla Rocchi - risulta ancora più incomprensibile e inaccettabile che qualcuno pensi di incoraggiare il consumo alimentare della carne delle specie selvatiche».
E il noto oncologo Umberto Veronesi, conferma: «Il mio consiglio da vegetariano da sempre è quello di eliminare del tutto il consumo di carne, e questo per motivi etici e filosofici. Detto ciò, lo studio dell’Organizzazione mondiale della sanità Oms sulla cancerosità della carne rossa e trattata non ci coglie di sorpresa. Non si tratta di una vittoria dei vegetariani su chi mangia carne ma di un passo aventi della scienza a difesa della salute di tutti».
Fra i difensori d’ufficio di salami e altri prodotti a base di carni rosse si inscrive, non a sopresa, il presidende del Veneto Luca Zaia (Lega Nord): «La sopressa e il salame nostrani non sono un hot dog. Una comunicazione sbagliata nei tempi e nei modi, quanto tarata sulle schifezze americane altrimenti note come junk food, ha creato un allarme assolutamente ingiustificato. In Veneto e in Italia le carni hanno un percorso di verifica di qualità rigorosissimo, che garantisce la salute della gente. Consumate con equilibrio e nella giusta quantità, come peraltro tutti i cibi e le bevande di questo mondo, le carni venete sono un alimento salutare e nutritivo».
Lanciato questo messaggio rassicurante sugli effetti sanitari, anche Zaia apre poi il capitolo dei riflessi «sistemici» della faccenda e ricorda che il Veneto è una regione che ha nell’allevamento di qualità uno dei punti forti della sua economia agroalimentare. «I nostri insaccati e le nostre carni - dice Zaia - arrivano al consumatore dopo una minuziosa filiera di controlli, che parte addirittura dalle verifiche veterinarie (e speriamo che nel tagliare la sanità Renzi non sacrifichi anche i nostri valorosi veterinari pubblici), e che finisce sulla tavola del consumatore con tutte le caratteristiche di genuinità e sicurezza».
«Se l’Oms si riferiva agli eccessi - prosegue Zaia, con tono irritato verso l’organizzazione internazionale a tutela della salute - avrebbe dovuto specificarlo molto bene e si sarebbe dovuto tenere conto dell’inevitabile banalizzazione della notizia in “la carne fa venire il cancro”. Errore madornale, che rischia di avere conseguenze incalcolabili a causa del sospetto che comunque, pur a fronte di autorevolissime smentite di oncologi ed esperti ai massimi livelli, è stato insinuato nella gente».
«Un bicchiere di vino a pasto fa bene - prosegue Zaia vestendo infine le vesti del nutrizionista - 4 o 5 possono dare qualche problema; frutta e verdura fanno bene, ma anche queste vanno dosate con intelligenza; un paio di uova fanno bene, troppe mettono in croce il fegato.
Questo per dire che ogni eccesso fa male, nell’alimentazione come in tutti gli altri aspetti della vita. Carni e insaccati sono stati demonizzati, ma assunti nel quadro di una dieta equilibrata, della quale gli italiani e i veneti sono maestri, sono alimenti sanissimi. Non a caso - conclude - li prevede anche la tanto, e giustamente, decantata dieta mediterranea. Sempre con giudizio e intelligenza».