Medicine con Cannabis Limiti della burocrazia
Sclerosi multipla, corsa ad ostacoli per i medici che vogliono usare i cannabinoidi nelle terapie
Difficoltà amministrative che obbligano i pazienti a lunghe trasferte per ottenere la terapia. Prescrizioni singole che non consentono di ottenere più di una confezione per volta. È a volte una vera e propria corsa ad ostacoli quella che i malati di sclerosi multipla sono costretti ad affrontare per ottenere farmaci a base di cannabinoidi, utili a controllare i sintomi, in particolare la spasticità. È la denuncia che arriva dagli esperti presenti oggi al convegno sui Progressi terapeutici ed accesso all’assistenza sanitaria nella sclerosi multipla in Italia, in corso a Roma, presso la Biblioteca Spadolini del Senato.
La sclerosi multipla, sottolinea Giancarlo Comi, direttore del Dipartimento Neurologico dell’Istituto San Raffaele di Milano, «colpisce circa 70.000 persone in Italia, soprattutto 20-40enni, ed è la prima causa di disabilità nelle persone giovani. Ha un impatto economico elevato perché può avere un decorso anche di quattro o cinque decadi. La terapia a base di cannabinoidi è un’arma efficace ma non sempre disponibile».
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Si tratta del Nabiximols, uno spray orale autorizzato dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) nel 2013 e in grado di controllare la disfunzione del controllo motorio che rende molto difficile, ad esempio, la deambulazione. Per ora però è prescrivibile in una singola unità per volta presso le farmacie ospedaliere. «Per poter ottenere la terapia necessaria molti pazienti con ridotta mobilità sono costretti a percorrere 100 o 200 chilometri, se consideriamo andata e ritorno. Difficoltà che a volte scoraggiano a tal punto da indurli ad abbandonare la cura», osserva Francesco Patti, responsabile del Centro di Sclerosi Multipla del Policlinico di Catania.
Le conseguenze di queste difficoltà nella vita quotidiana sono importanti: «l’aderenza alla terapia è determinante per combattere la progressione della patologia», sottolinea Leandro Provinciali, presidente della Società Italiana di Neurologia. «Purtroppo - aggiunge- rispetto a farmaci di questo tipo scontiamo ancora un’arretratezza e un pregiudizio culturali. Sarebbe sensato autorizzare una dispensazione di tre confezioni per volta».