Alto Adige come la Scozia: in val Venosta si distilla whisky
Non ditelo agli scozzesi: anche l'Italia è terra di produzione di whisky. Nel cuore del parco nazionale dello Stelvio, in alta Val Venosta a Glorenza (Bolzano), la famiglia Ebensperger, dei veri cultori dell'acquavite scozzese, ha costruito la distilleria Puni, un edificio moderno che richiama al contempo un fienile per produrre spirits anche tra le Alpi e le vette dell'Ortler. «Proprio lì, nelle "Highlands dell'Italia" si sono create le migliori condizioni per la produzione di un whisky di classe superiore» ha sottolineato Julia Pedross, voce narrante e brand ambassador della Puni agli appassionati degustatori, mastri distillatori e barman che hanno affollato la sesta edizione di «Spirit of Scotland - Rome Whisky Festival».
[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"1561551","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"480","width":"360"}}]]
Il primo whisky italiano si caratterizza per l'uso di grano e segale locali, solo cereali freschi. Già nel Medioevo la Val Venosta, dove scorre il Puni, era conosciuta come il «granaio del Tirolo» e il nome della distilleria fa un riferimento alla regione di produzione, proprio come i nomi gaelici delle distillerie scozzesi. La bottiglia col collo in lacca, già premiata per il design, richiama l'alambicco di una casa col tetto in erba, ma il nero vuole evocare il Pinot Nero, e quindi una produzione 100% Alto Adige.
La produzione italiana ha arricchito la geografia del Rome Whisky Festival che ai mitici torbati delle distillerie scozzesi di Islay e delle Islands ha affiancato i whisky giapponesi, oggi i più ambiti tra gli appassionati, i bourbon made in Usa, una distilleria del Galles e persino una nella lontana Taiwan. Tra le chicche scozzesi, Macallan ha presentato un single malt affinato in botti di sherry e nato in collaborazione con i tre fratelli Roca. Ogni legno utilizzato per questo whisky riflette la personalità di ciascuno dei grandi chef spagnoli, al top della classifica mondiale insieme all'italiano Bottura. Si chiama "Edition 2" e finirà nelle grandi collezioni di whisky che hanno avuto al Salone romano un corner dedicato, uno scrigno delle meraviglie dove Enrico Gaddoni ha fatto degustare bottiglie uniche e di altissimo livello. In Italia è anche boom di appassionati che partecipano a corsi e degustazioni guidate.
[[{"type":"media","view_mode":"media_large","fid":"1561556","attributes":{"alt":"","class":"media-image","height":"300","width":"400"}}]]
«Il mondo del whisky - ha sottolineato Claudio Riva, fondatore di whiskyclub.it e "militante" Slow Food - è molto inclusivo, donne, giovani, professionisti nei nostri incontri non si limitano ad aprire una bottiglia ma vogliono condividere filosofie produttive e il gusto. Il whisky di qualità in Italia è stato fatto conoscere dai ristoranti ma ora il consumo si è spostato tra le mura domestiche. Noi abbiamo esperti degustatori del calibro di Davide Terziotti e Andrea di Castri, e 4.400 soci da Venezia a Marsala, da Cantù a Roma, e col nostro calendario di incontri a tutto malto vogliamo riportare questo distillato ai vecchi fasti. Non c'è un abbinamento ideale, accompagna bene sia il cioccolato che le ostriche, ma scoprire un single malt è scoprire una storia produttiva ma soprattutto il piacere della convivialità». Proprio come dopo una partita di rugby, non a caso di grande tradizione in Scozia e in Irlanda, i due big per produzione di whisky.