Denis Dallago, il pasticciere trentino allievo del maestro Iginio Massari

di Matteo Lunelli

Iginio Massari diciassette anni fa prese da parte quel ragazzo che lavorava da lui, arrivato dai monti appena un paio di anni prima. Lo teneva d’occhio da tempo, gli aveva insegnato i trucchi del mestiere, a volte lo aveva strigliato e messo sotto pressione. Quel giorno lo portò in un posto tranquillo, lo guardò fisso negli occhi e gli disse: «Denis, ho bisogno che tu prenda in mano il mio laboratorio. Ho visto in te il carattere e le caratteristiche giuste». 

 

Lui, ovviamente, non poteva crederci. Ma, fiero, disse sì: «Io con lei a fianco non ho paura di niente. Quindi va bene, accetto». Da allora quel Denis, che di cognome fa Dallago e che è nato a Cles quarantacinque anni fa, è il capo pasticciere della Pasticceria Veneto di Brescia, un punto di riferimento del gusto dal 1971. Il maestro e mito della pasticceria italiana, «padre» di pandori e panettoni e diventato un famoso volto televisivo con il boom dei programmi di cucina, da quasi vent’anni si affida a un trentino: i bignè, le torte, i cannoli, le meringhe continuano a portare la sua prestigiosa firma, ma a coordinare i venti pasticcieri del laboratorio bresciano è appunto Denis Dallago. Una storia da sogno americano la sua, iniziata in val di Non guardando la mamma che cucinava e che oggi prosegue fianco a fianco del «maestro dei maestri», in una delle strutture più famose d’Italia. 

«Mi ha sempre incuriosito mettermi a fianco di mia mamma e vederla fare da mangiare, fosse la cena o una torta. E ancora oggi il suo strudel resta il mio dolce preferito: non sono mai riuscito a farlo come faceva lei. Le ho sempre chiesto di darmi la ricetta, ma lei sorridendo mi ha sempre risposto “ricetta? Io vado a occhio, vado a cucchiaio”. Ho provato a usare le renetta, l’uvetta, i pinoli, i biscotti, a far riposare la pasta, ma niente da fare, quello strudel resta inimitabile».  Eppure lui sa fare di tutto con i dolci, che siano torte o paste, biscotti o panettoni. Ma se la passione nasce guardando la mamma, poi il percorso per arrivare a essere l’allievo di Iginio Massari è molto più complicato. C’è la scuola alberghiera, a Ponte di Legno, e poi la prima esperienza vera e propria, una stagione a Rimini. Da lì in poi la scelta di puntare sulla pasticceria, con lavori in vari laboratori.

«La svolta è arrivata in Svizzera: ho conosciuto un maestro che mi ha consigliato di provare ad andare alla Pasticceria Veneto, che io conoscevo solo per fama. Mi ha detto che aveva un bel rapporto con Massari e che avrebbe messo una buona parola per me. Così nel ‘99 mi presentai per un colloquio: nonostante avessi una sorta di raccomandazione ero spaventato nel trovarmi a parlare con una persona di quello spessore, che per chi faceva come me quel lavoro era un mito assoluto. Mi prese e iniziai a imparare da lui. Massari è molto esigente, come è giusto che sia in un ambiente così, ma sa insegnare e spiega il perché di ogni cosa: sa darti stimoli continui, ogni giorno di lavoro è una scoperta e un’innovazione. E qualche bella lavata di capo l’ho presa, come ovvio».  Il giovane trentino, però, ci mette del suo. Prende un appartamento in affitto vicino al laboratorio e chiede il permesso al maestro di potersi fermare la sera per lavorare lo zucchero, sua grande passione. Così si arriva a quella proposta, con un ruolo fondamentale di capo: all’inizio ci sono otto colleghi da dirigere, oggi sono venti. 

«Massari è sempre molto presente: alle 4 del mattino apre il laboratorio, ma ha anche tanti impegni in Italia e all’estero. La mia giornata inizia poco dopo le 6, con le liste per i vari gruppi di lavoro, che si occupano di impasti, forno, mignon o torte. Ma non è una catena di montaggio, ci sono aspetti nuovi ogni giorno: vengono chef di pasticcerie conosciute in tutto il mondo, dalla Francia al Giappone, ci sono ricette nuove, ci sono torte per i matrimoni. Vip? Sì, certo: serviamo tantissimi personaggi dello spettacolo, dello sport, della politica, magari per ricevimenti o occasioni particolari. E con la prossima apertura a Milano saranno ancora di più. Il cavallo di battaglia restano i prodotti lievitati, come il panettone, per il quale abbiamo richieste da ogni angolo del mondo. Di solito a dicembre alle 9 di mattina abbiamo finito i rifornimenti, ma va bene perché i nostri prodotti sono artigianali, non siamo un’industria».  Una forte spinta al settore è arrivata grazie alla televisione: canali tematici, reality, concorsi, programmi, ormai su ogni canale e a qualsiasi ora si parla di cucina. Gli chef sono diventati delle celebrità e tutti, anche a casa, provano a imitare le ricette. A volte ne viene fuori un «mappazzone», per dirla con Bruno Barbieri, a volte piatti che volerebbero nei cestini se presentati a Gordon Ramsay, a volte dei «tripudi di gusto e di sapori». Ma se in televisione tutto appare facile, bello, patinato, la realtà è differente: sveglia all’alba, un forte rischio di «cazziatoni», weekend sottratti alla famiglia, clienti esigenti.

 

«È diventata una moda, ma non è necessariamente un male. Da noi arrivano stagisti che hanno studiato cose diametralmente opposte, come architettura o ingegneria, ma si sono appassionati, si avvicinano al nostro mondo e vogliono provarci. Amore e passione devono esserci sempre e se i programmi tv aiutano a diffonderli benvenga. L’importante è sapere che non è facile, che dietro alla presentazione di un piatto, dolce o salato, c’è una grande preparazione e uno studio attento. Da noi il punto di partenza è una buona conoscenza degli ingredienti, sapere ciò che assembliamo e abbinare bene i gusti. La scelta delle materie prime al top è il punto chiave della scuola Massari. Poi c’è la parte più artistica e legata alla fantasia, ma l’aspetto fondamentale è che i singoli ingredienti siano straordinariamente buoni». E Denis quegli ingredienti sa usarli straordinariamente bene. L’allievo forse non ha (ancora) superato il maestro, ma certamente negli anni si è guadagnato la sua fiducia e stima. E non è poco, anzi.

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