Empatia e pochi ritocchi: gli scatti «di cuore» di Federica Simoni

di Matteo Lunelli

In fin dei conti è il motivo principale per cui si fotografa, al netto dei discorsi artistici ed estetici: ricordare. Rendere per sempre un momento che vola via. «Sono una smemorata, mi dimentico veramente tutto: per questo le foto sono il mio modo di ricordare. L’essenza di uno scatto è fermare un momento, che sia per me o per gli altri». A parte essere smemorata, Federica Simoni è molte altre cose: è una mamma ed è un vulcano di idee. È una ragazza che sogna e fa sognare gli altri, fondendo semplicità e ricerca, sia nel suo modo d’essere sia nei suoi scatti. E, soprattutto, è una fotografa. Innovativa e fuori dagli schemi, ma sempre una fotografa.

«Volevo fare la guardia forestale, poi la pittrice e poi la maestra. Ho una laurea in Sociologia nel cassetto, e oggi faccio foto, anche se la mattina lavoro con i bambini a scuola.Tutto è nato un po’ per caso, nel 2009, quando sono stata a New York per fare la ragazza alla pari: ho sempre sognato quella città, come tanti giovani, anche per “colpa” delle serie tv. Lì badavo a un bambino e nel tempo libero facevo foto». Bambini e fotografie, proprio quello che oggi sta al centro della sua vita. Prima della partenza gli amici le regalano una reflex e New York è una fonte di ispirazione. «Mio papà è sempre stato un appassionato, facevamo le serate di diapositive e lui scattava sempre. Quando sono tornata da New York per due anni ho lavorato col fotografo Matteo De Stefano e poi con Massimo Giovannini: loro mi hanno insegnato tanto e nel frattempo ho studiato e frequentato corsi».

Una volta formata la strada è decisa: bambini, mamme, famiglie. Nasce un profilo Instagram, @mamafedona, e i follower crescono, raggiungendo oggi quota 21 mila. Sui social racconta la sua vita, la sua famiglia e il suo essere mamma. «Se siamo la famiglia del Mulino Bianco, belli e perfetti? No, assolutamente. Racconto sprazzi di quotidianità, con tutte le imperfezioni e i problemi. Oltre a guardare bisogna anche leggere: dietro a uno scatto, oltre alla parte visiva, ai colori, alle luci e alle ombre, possono nascondersi anche momenti difficili o tristi. I follower mi scrivono, con alcuni è nata anche un’amicizia».

Tra questi, provenienti da tutta Italia, ci sono tante mamme, ci sono tanti clienti che poi chiedono un servizio, e c’è stata anche una persona speciale: lei è un’islandese, Johanna Maggy Hauksdottir, nota per essere la moglie di Fabio Volo. «Siamo diventate amiche e sono andata a fotografare lei e la sua famiglia a Ibiza: è nato un bel rapporto, non solo professionale». Curiosità a parte, le clienti da tutta Italia chiamano «Mamafedona». «Ho uno studio, ma cerco di andare a casa loro: non uso luci e non uso flash, i ritocchi li riduco al minimo indispensabile, non metto mai in posa le persone e la post produzione non deve stravolgere le foto. Per scatti non artificiali bisogna creare confidenza ed empatia con le mamme».

 

Sull’evoluzione del suo mondo è sincera. «Si dice che basta una reflex e sei un fotografo? Per me può anche andare bene, tutto dipende da quello che vuoi e che riesci a comunicare, quello è l’importante». E il sogno per il futuro è l’evoluzione di un progetto esistente: «Si chiama Raw Beauty, ovvero la cruda bellezza. Da quando è nato il mio Giovanni, tre anni e mezzo fa, ho iniziato a leggere, confrontarmi, capire: negli Usa le mamme fanno rete tra loro, si parlano, da noi no, a parte qualche domanda su Facebook. Dopo il parto ho cercato di comunicare con le foto quanto le cicatrici, le smagliature, i chili di troppo siano bellissimi in una mamma: spogliamoci dei clichè, anche dopo la nascita del nostro piccolo. Il sogno? Fotografare i parti, dalla corsa fuori da casa all’arrivo in ospedale fino al primo abbraccio. In America lo si fa, perché non qui da noi?».

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