L'uomo che insegna lo sport ai suoi cani
Mirko Eccher , alense d’adozione, 48 anni, nella vita è un funzionario commerciale in una società privata di Trento. Ma la sua passione è l’agility. O, meglio, la sua passione è la cinofilia e nell’agility ha trovato un modo per creare un rapporto diverso con i propri cani. Meno guinzaglio e più contatto visivo, meno imposizioni e più lavoro assieme.
È più di uno sport, insomma. È un modo di vivere il cane che è entrato a far parte della sua famiglia. Ma lo fa con impegno (si allena fino a 4 volte a settimana) e ne viene ripagato: oggi sarà tra i protagonisti della prima gara di «agility dog» organizzata a Roma dalla Fidasc (la federazione che si occupa di cinofilia), nella prestigiosa cornice dello stadio dei Marmi. Per chi partecipa, un onore. Per questo sport, in costante crescita, una vetrina impareggiabile, con copertura televisiva sulle reti Mediaset. Ecco perché lui e la sua Batbatty - e la collega Valeria Modena, con la border collie Ruby, dell’associazione «Do ut des», che lui stesso ha messo in piedi ad Ala circa sei anni fa - saranno lì. Ecco perché spiega volentieri questi anni d’impegno, di divertimento, ma anche di lavoro per la valorizzazione di questo sport.
«L’evento di Roma è davvero importante, è la prima volta che l’agility ha una vetrina, anche mediatica, di questo genere. Parteciperanno 200 binomi, cioè 200 cani e altrettanti conduttori, divisi in 4 categorie, che rappresentano le diverse altezze che i cani sono chiamati a saltare. Chi partecipa ha superato le selezioni in tutt’Italia, fatte in questi mesi».
L’agonismo gli interessa, si capisce. Ma gli interessa di più la possibilità di far conoscere la disciplina. D’altronde è quel che fa da anni, per altro con successo: quando è nata l’associazione «Do ut des», ad Ala, erano in otto, partiti con un campo d’allenamento ottenuto grazie a Dolomiti Energia. Adesso sono una sessantina di soci, prevalentemente lagarini, con due istruttori federali. «Siamo cresciuti perché è cresciuta la conoscenza dell’agility, e perché nel tempo è cambiata la sensibilità nei confronti degli animali e dei cani in particolare, sempre meno animali alla catena utili per fare la guardia e sempre di più parte in qualche modo della famiglia».
Lui all’agility si è avvicinato un po’ per caso: «Come tanti, avevo preso un cane solo perché mi piaceva, senza valutarne le caratteristiche. Era un jack russel maschio, che è un cane che, se non gestito correttamente, è capace di distruggere la casa. Non è che se un cane è piccolo è automaticamente facile educarlo. Mi sono avvicinato per farmi aiutare a gestirlo. Poi la mia indole agonistica ha fatto il resto».
Da allora ha partecipato, con la sua Hally, a campionati nazionali, ad un mondiale, agli europei. E adesso che quella dolcissima jack russel è arrivata a 12 anni e si è meritata il riposo della pensione, ha avvicinato alle gare BatBatty, una femmina di parson russell terrier. Che promette più che bene. Ma quel che gli interessa è, appunto, il rapporto con i cani, che l’agility permette di instaurare.
«La nostra scuola non usa guinzaglio, si concentra sulla socializzazione dei cani, con i loro simili e con l’uomo e punta ad instaurare un rapporto che è soprattutto visivo. Il risultato è che pur senza costrizione i cani possiamo portarli in montagna sapendo che ci seguono, che rispondono immediatamente. Persino in città potremmo andare senza guinzaglio anche se ovviamente non lo facciamo. Le faccio un esempio: si stupiscono tutti di questo. In gara il campo è 1.200 metri quadrati. I cani entrano, tutti i cani, e non si mettono a correre. Stanno a fianco del conduttore. Ci sono fino a 300 animali. E mai c’è stato un problema. Mai».
Un rapporto stretto che però, rivendica Eccher, non snatura mai l’animale, che tale deve restare. «La nostra società tende ormai a bambinizzarli. È sbagliato. Hanno quattro zampe? Devono stare a terra, non in braccio. Sono cani, non bambini. Vanno capiti nella loro indole e trattati come si deve. Allora non saranno nervosi, non creeranno problemi e vivranno più felici».
Ma serve, spiega, consapevolezza: «Quella comincia prima ancora che il cane arrivi a casa. Faccio un esempio. Se si prende un pinscher e si vive in condominio, poi non ci si può lamentare di avere un problema perché il cane abbaia. Perché i pinscher abbaiano, non si possono silenziare. Per questo, attraverso la Cassa rurale, garantiamo un servizio per chi acquista un cane, per aiutarlo a scegliere quello adatto alle proprie caratteristiche».
I soci della Rurale possono chiedere in banca, ma chi non è socio può rivolgersi all’associazione: «Siamo senza scopo di lucro, un consiglio lo diamo a chiunque». Li si trova sulla pagina Facebook di «Do ut des».