Tassa sulla carne rossa per compensare costi malattie
Tassare la carne rossa per compensare il costo sociale delle malattie provocate dal consumo di questa, e per ridurne il consumo stesso. È quanto propone una ricerca dell’Università di Oxford, pubblicata sulla rivista Plos One.
Lo studio parte dal presupposto che il consumo eccessivo di carne rossa può portare a cancro, malattie cardiache e diabete.
La cura di queste malattie rappresenta un costo per la società.
Una tassa compenserebbe questi costi sociali e farebbe calare il consumo. La ricerca sostiene che le malattie legate alle carni rosse costano 285 miliardi di dollari all’anno nel mondo. Viene quindi proposta una imposta del 20% sulla carne non lavorata (come le bistecche) e del 110% su quella lavorata (come gli insaccati, le salsicce e la pancetta).
La misura raccoglierebbe 170 miliardi di dollari all’anno nel mondo e farebbe risparmiare 41 miliardi di dollari annui in cure mediche: in pratica, si eliminerebbe o compenserebbe il 70% dei costi sanitari dovuti alle carni rosse, e si eviterebbero 220.000 decessi all’anno. Il consumo medio di carne sarebbe ridotto di due porzioni alla settimana: attualmente nei paesi ricchi la media è una porzione al giorno. Il consumo di carni rosse lavorate calerebbe del 16%.
L’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato nel 2015 che la carne rossa lavorata è cancerogena e quella rossa non lavorata potenzialmente cancerogena. Nel settembre scorso l’assemblea dell’Onu (su pressione anche dell’Italia) ha approvato un documento in cui afferma che non esistono «cibi sani o insalubri», ma «diete sane o insalubri». A novembre però sette paesi (fra i quali la Francia) hanno presentato un progetto di risoluzione Onu che «esorta gli Stati Membri a adottare politiche fiscali e regolatorie» verso «cibi e bevande insalubri».