I malati oncologici migrano da una regione all'altra
Gli italiani continuano a spostarsi da una regione all’altra per ricevere cure. E sempre più spesso, a farlo, sono i malati che affrontano un tumore, con tutti i disagi e la fatica che questo comporta. Calano invece del 2% in un anno i ricoveri in ospedale, in particolare quelli “inappropriati”, ovvero evitabili con un migliore percorso di assistenza. È il quadro descritto dal nuovo Rapporto sulle Schede di Dimissioni Ospedaliere, pubblicato dal Ministero della Salute.
Nel 2017 sono oltre 8,5 milioni i ricoveri, circa 171.200 in meno rispetto al 2016. Mentre sono state quasi 59 milioni le giornate trascorse in ospedale dagli italiani nel 2017: nel 2016 avevano superato i 60 milioni, con un calo, anche in questo caso, del 2%. Resta più o meno stabile la mobilità sanitaria ovvero il numero di pazienti che si spostano per curarsi.
Colpisce, ma non stupisce, che molti viaggi da una regione all’altra siano affrontati dai malati oncologici, indirizzati in centri di eccellenza lontani da casa. Oltre mezzo milione sono stati nel 2017 i ricoveri a causa di una diagnosi di tumore, di cui il 10% in una regione diversa da quella di residenza. Ma la mobilità aumenta quando si tratta di scegliere dove effettuare le cure. Cresce, infatti la percentuale di quanti si spostano per fare la chemio: a fronte dei quasi 50.000 cicli effettuati in regime di ricovero, la mobilità interregionale nel 2017 è pari al 17%, contro il 16% del 2016. Cala lievemente, invece, quella per il ‘day hospital’ con una mobilità del 6,6% (era 7% nel 2016). Ancora più alto il numero dei pazienti che “migrano” per ottenere una radioterapia: nel 2017 ne sono state effettuate 10.889, di cui 27% fuori regione. Mentre quelle effettuate in ‘day hospital’ sono state 2.934, con una mobilità del 32%, in quasi un caso su tre (era del 25,5% nel 2016).
Quanto ai dati generali, oltre ai ricoveri cala il numero di prestazioni di riabilitazione, sia in regime ordinario (-0,7%) che in ‘day hospital’ (-4,6% dimissioni). Infine, diminuisce soprattutto l’attività di lungodegenza (5,4%). I dati, nel complesso, mostrano sempre più attenzione all’appropriatezza e, sottolinea il rapporto, permettono anche di valutare l’efficacia dell’intero percorso di prevenzione e di accesso alle cure. Meno ricoveri spesso significano, infatti, anche migliore assistenza e minore necessità di ricorrere all’ospedale. Ad esempio, nel 2017 il tasso di ospedalizzazione per diabete non controllato si attesta a 12 dimissioni per centomila abitanti (era 13 nel 2016).