«Sotto il casco siamo tutti uguali» Alla benedizione delle moto anche i biker del Sahara musulmani
«Quando ci incrociamo in strada ci salutiamo sempre. E avendo tuta e casco non sappiamo se il nostro amico motociclista è uomo o donna, bianco o nero, musulmano, ebreo o cristiano. Poi, anche quando si scende dalla sella, si parla di gomme e di meteo, di cilindri e di freni, in amicizia, senza mai chiedere all’altro “da che Paese provieni” o “qual è la tua religione”».
A parlare è Ahmed Boufrihi. Un motociclista, che ieri era a Trento con i suoi amici per la benedizione in piazza Fiera. E questo è l’importante. Poi lui è nato in Marocco, è musulmano, vive a Reggio Emilia da quando aveva dieci anni, fa l’impiegato e ha 37 anni.
«In questi anni in cui si associa l’Islam al terrorismo, si vive con tanti pregiudizi sulle persone, noi vogliamo lanciare un messaggio di amicizia e unione, “usando” le nostre moto, o meglio la nostra passione per le moto come veicolo».
Tre anni fa è nato ufficialmente il Moto club “Biker del Sahara”, il primo in Italia formato in gran parte da stranieri, e il presidente è appunto Ahmed Boufrihi.
«Ci sono egiziani, algerini, marocchini, tunisini, ma anche italiani: la base è Reggio Emilia, ma poi abbiamo soci a Torino, Milano, Verona e anche a Trento. I trentini sono tre ragazzi del Marocco che amano le motociclette come noi. È il quarto anno alla benedizione, che è un momento bello e importante. In generale per noi la vostra provincia è un vero paradiso: lo Stelvio è il top, un sogno per ogni biker.
La cerimonia in piazza Fiera, come sempre, ha avuto come momento clou quello tenuto da un prete.
«Va benissimo: nel nostro gruppo di sono anche cristiani, così come musulmani o atei. Ma siamo lì tutti insieme, con culture diverse ma uniti dall’amore per le due ruote. Secondo me essere musulmani vuol dire interagire con gli altri, condividere e confrontarsi. E anche se molti del nostro gruppo sono stranieri siamo perfettamente integrati. In tutto siamo circa sessanta persone, dai 25 anni del più giovane ai 60 del più anziano: organizziamo gite e incontri, ci divertiamo a stare insieme».
Nel nome del gruppo c’è un chiaro riferimento al nord Africa, quel deserto del Sahara che ha visto sfrecciare, con gare, viaggi e raduni, due ruote da tutto il mondo.
«I nostri cammelli sono le moto: il deserto è il simbolo dei Paesi arabi e ci è piaciuto omaggiarlo nel nome. Alcuni di noi ci sono stati con l’enduro, per altri resta un sogno. Devo dire che anche in Marocco stanno nascendo tanti moto club, da sempre c’è passione per i motori. Con la nostra associazione continuiamo a disegnare curve in strada ma soprattutto a portare un messaggio di amicizia, integrazione e pace, perché siamo tutti uguali, in sella e non».