Videogiochi e playstation: a Trento è nata la prima sala pubblica
Due amici che assieme non fanno nemmeno 45 anni hanno trasformato la passione per i videogiochi in un lavoro: sembra il sogno a occhi aperti di tantissimi adolescenti e invece è la vita reale di Elia Ruffo, ventiduenne di Madrano, e Sebastiano Rossi, ventunenne di Tenna, che hanno fondato e gestiscono il primo centro per videogiocatori del Trentino Alto Adige.
Niente slot machine o macchinette mangiasoldi: nulla di più diverso. È una sala con un angolo bar e tavolini, 14 postazioni pc con tutta l’attrezzatura per giocare, playstation, un simulatore di guida e una tv: tutto quello che serve per immergersi nei giochi del momento. «È un luogo dove incontrarsi con persone che hanno la tua stessa passione - spiega Elia Ruffo - assistere alle partite, discutere di tattiche come si farebbe in una squadra di calcio, preparare le strategie se si è un team impegnato in un torneo, o magari iniziare a conoscere questo mondo senza doversi comperare subito tutta l’attrezzatura. Un mondo che è divertente e insegna molte cose, se ci si approccia in modo sano». I videogiochi insegnano, sostengono i due amici. Anche se la loro non è la visione più diffusa: è più facile sentir parlare del pericolo di allontanarsi dal mondo reale o più semplicemente di una perdita di tempo. Non è l’esperienza di Elia e Sebastiano: «Videogiocare è una passione, come la musica o il calcio e venire qui è un modo per condividerla, evitare di stare da soli, avere un’esperienza di gioco di alto livello».
È Elia, che l’amore per i videogiochi l’ha ereditato dal papà, a spiegare cosa hanno dato alla sua vita: «League of Legend è uno dei giochi più giocati al mondo e mi ha aiutato tantissimo perché è un gioco dove ti arrabbi veramente, tantissimo. Ma il segreto per salire di livello e diventare forti è controllare questa rabbia, perché altrimenti si va in tilt. E se si è “tiltati”, si perde di vista l’obiettivo finale. Insomma, grazie ai videogames ho imparato a controllare le emozioni e concentrarmi per fare le cose bene e questo mi ha aiutato nello studio e nelle relazioni con le altre persone. Si può giocare per evadere o per mettersi alla prova: l’importante è identificare un gioco che ci rappresenti, stare bene ed essere felici di dedicarvisi». Elia e Sebastiano hanno avviato un percorso di analisi della loro idea con Impact hub - community che si occupa di innovazione e impresa - dopo averla conosciuta a scuola e sono arrivati a fondare la loro azienda.
Aperto da dicembre, il primo High Score Gaming Center di Trento è in via Grazioli, in una sala che in passato ospitava una palestra. Da fuori, non si capisce bene di cosa si tratta: i lavori agli esterni devono ancora concludersi. Il vicinato, a sentire parlare di videogiochi ha confuso il tutto con il gioco d’azzardo e c’è voluto un po’ per far capire che no, non c’era da spaventarsi: sarebbero arrivati dei normalissimi giovani a passare un po’ di tempo assieme e non dei figuri dall’aria losca. La diffidenza, per i due amici, è arrivata subito e in ogni contesto, tanto poco è abituato il Belpaese ad affidarsi ai giovani. Tanto che i due ragazzi hanno faticato a trovare una sala: «Appena vent’anni, ma siete sicuri che riuscite a pagare l’affitto, che sapete quello che fate?», si sentivano dire. Poi è stato difficile accendere un mutuo: «Alla fine non è contato quasi nulla che avessimo un business plan, che avessimo analizzato con dei professionisti la fattibilità del nostro progetto - spiega Elia -. Le cose si sono sbloccate solo quando le nostre famiglie hanno offerto delle garanzie per noi». Infine, è stato difficile anche trovare una licenza, perché per lo Stato italiano questa tipologia di azienda non esiste: così per cinque mesi, con il centro pronto e i soldi spesi, si sono attese le autorizzazioni. Ma ora, finalmente, Elia e Sebastiano possono mettersi in gioco, il loro centro è aperto e sognano di organizzare tornei, avere delle squadre, ospitare youtuber del settore: la loro partita è appena cominciata.